Fallimento Marachella. I timori non mancano
«Si procederà all’esame dello stato passivo in autunno inoltrato. Stiamo attendendo ulteriori delucidazioni dal nostro legale e dal curatore fallimentare. Ma, nell’attesa, non possiamo certo stare con le mani in mano. L’attenzione va principalmente alla ex Graziano e ai suoi 85 lavoratori. L’unica cosa che abbiamo potuto fare nell’immediato è stata prendere contatti con la direzione locale». Il fallimento di “Marachella Gruppo spa”, dichiarato dal Tribunale di Torino il 10 giugno, avrà inevitabili ripercussioni anche a Garessio dove il Gruppo torinese aveva investito aggiudicandosi la gestione delle piste di Garessio 2000, quella di parte del castello di Casotto e della Correria adibita all’allevamento di asine da latte e rilevando l’osteria in piazza del Municipio nonché, tramite “Marachella Wood Building - MWB”, lo stabilimento ex Graziano. Garessio 2000 e l’osteria ora fanno capo a “Società Anomina srl” di Torino e l’allevamento di asine risulta intestato all’azienda autonoma vinicola “Coluè”. «Abbiamo saputo dal nostro legale – continua il sindaco Sergio Di Steffano - che la gestione del castello di Casotto, Garessio 2000, l’allevamento di asine in Correria e l’osteria rientrano comunque nel fallimento». Resterebbe fuori la ex Graziano. «Il Gruppo – precisa in proposito il sindaco che nei giorni scorsi ha tentato contatti con la società fallita – ci ha demandati al curatore pur sottolineando che lo stabilimento non è ricompreso nella procedura siccome rilevato da “Marachella Wood Building - MWB” e non dalla fallita. Attendiamo comunque delucidazioni dal nostro legale». Occhi puntati sul sito metalmeccanico garessino anche perché «la situazione ha prospettive tutt’altro che rosee – continua Di Steffano - I macchinari sono vetusti, le commesse ridotte e si va avanti con contratti di solidarietà». «Altrettanta preoccupazione – aggiunge il sindaco – seppur sulla base di presupposti diversi, l’abbiamo nei confronti delle altre realtà industriali presenti sul territorio, che vorremmo incontrare a breve. La produzione “San Bernardo”, per esempio, pare sempre più ridotta. E sull’acqua va evidenziato un altro fondamentale aspetto: la percentuale impiegata è minima rispetto al potenziale che le concessioni prevedono».