Ronnie Pizzo: «Il fantasy che ho sempre voluto scrivere»
Ronnie Pizzo, 35 anni, carrucese di origine e torinese d’adozione, barista, dj, musicista ed ora anche scrittore. Da poco ha dato alle stampe il suo primo romanzo "fantasy", "Avvento - La colonna di Antanacara", edito da Gainsworth Publishing, scritto con Nicolò Parolini (in vendita anche nell’edicola di Carrù) e primo capitolo di una trilogia. Lo abbiamo raggiunto per una piccola intervista.
Avere in mano una copia del tuo primo libro sarà stata una soddisfazione immensa. Quando è nata la tua passione per la scrittura? A chi ti ispiri?
Un’emozione senza paragoni, ve lo garantisco. Soprattutto perchè è un progetto che mi ha coinvolto molto, nel bene e nel male, e ha condizionato tutto l’ultimo anno della mia vita. Ho sempre desiderato scrivere. Sono certo di aver sempre sognato di fare lo scrittore, fin da bambino. C’è persino un tema di quinta Elementare che lo testimonia e parla di storie "avventurose e fantasiose". Il mio grande punto di riferimento è sempre stato Stephen King, perchè ho cominciato a leggerlo dalle Elementari, di nascosto da mia madre che temeva per la mia sanità mentale. Penso avesse ragione... Ci sono molti altri autori e libri che porto dentro di me con grande ammirazione. "L’uomo che cadde sulla terra" e "La storia infinita", tanto per citarne un paio.
Ma perché proprio il "fantasy"? E perché un fans di Tolkien o G.R.R. Martin dovrebbe leggere il tuo romanzo?
Sono sempre stato attratto dai mondi immaginari, siano essi di matrice fantasy che fantascientifica. Riallacciandomi al grande sogno che avevo da bambino, penso di non aver fatto altro che assecondarlo, finalmente. Ho pubblicato altri due libri prima di questo, ma era una grande storia fantasy che avrei sempre voluto scrivere. E ora, dopo anni, ho deciso di affrontare questa immensa ambizione e darle vita. Avercela fatta sul serio, è davvero un’emozione indescrivibile. Tolkien e Martin sono senza dubbio i due nomi più citati in ambito fantasy negli ultimi anni. Due mostri sacri, senza dubbio. Non ho la presunzione di affiancarmi a loro, ma posso dire che abbiamo cercato di creare una storia che contenesse sia le basi di ambientazione fantasy classica (alla Tolkien), che le atmosfere e lo stile aggressivo di un fantasy moderno (alla Martin).
Carrù è il tuo paese natìo, Torino ti ha adottato. Cosa ti resta dei tuoi trascorsi carrucesi?
Beh, avendo vissuto in paese fino ai 25 anni, tutti i ricordi più importanti e ai quali sono più legato, sono proprio di quei periodi. Negli ultimi dieci anni la città mi ha permesso di fare esperienze lavorative e artistiche fondamentali, ma resto e resterò sempre legato alle mie origini carrucesi.
Scrittore, ma anche musicista. Riesci a conciliare queste due passioni? Pensi che con l’arte oggi si possa riuscire a vivere?
La musica e la scrittura sono due passioni che ho sempre portato dentro di me alla pari. Non riuscirei a scinderle una dell’altra se dovessi scegliere. Non riesco a scrivere senza musica e non riesco a suonare senza immaginare storie. Sono di certo più scrittore che musicista, ma solo perchè penso che vada fatta una prima scelta su un canale nel quale riversare la maggior parte della propria creatività. Penso si possa arrivare a viverci, perchè trovo limitante dare per scontato che una qualunque cosa possa essere irraggiungibile. I limiti sono noiosi e non danno quasi mai risultati. Di certo è molto faticoso e richiede sacrifici continui, perchè l’Italia è un Paese che sta investendo poco e male sulla cultura.
Quello dello scrittore è un sogno di molti. Tu ce l’hai fatta. Ma quante difficoltà hai dovuto superare? Cosa consiglieresti ad un giovane che voglia provarci?
La difficoltà più grande consiste nell’accettare che la scrittura non è altro che un mestiere e che richiede quindi la costanza e l’applicazione tipiche di un lavoro vero. Senza nulla togliere al valore dell’ispirazione, non è aspettandola a braccia conserte che si scrivono libri. Si riesce a portare a termine un progetto solo se ci si applica con regolarità, proprio come alzarsi la mattina per andare al lavoro. Solo attraverso un percorso ostinato, possiamo scoprire la nostra creatività nel profondo e quindi imparare a sviluppare uno stile, una voce narrante che sia autorevole, senza mai dimenticare che l’umiltà è sempre il primo importante ingrediente di ogni ricetta artistica. Si impara di più buttando via ciò che si è scritto che ostinandosi a salvarlo. Consiglio quindi di non affezionarsi a quello che si fa, ma di cercare con tenacia un proprio modo di esprimersi, che sarà uno solo ed efficace ogni volta. Chi vuole davvero scrivere, che lo faccia, senza scuse, senza alibi, senza clamore e senza melodrammi.