Airportman, si sperimenta nell’io. Litio, la provincia che è in noi
Airportman, si sperimenta nell’io
Gli Airportman sono una delle band più “sperimentali” del Cuneese. La loro musica è forma e sostanza: un (post)rock “ripulito”, pressoché solo del rumore, per un’esperienza introspettiva; tra suoni e melodie “ci si scandaglia alla ricerca di quel che non va, di noi stessi e della società in cui viviamo”. Nell’ultimo disco la band fa un ulteriore passo in avanti: David, personaggio immaginario e protagonista della storia, è un ragazzo che non sopporta più niente e nessuno, pieno di sé, sempre più estraniato dal mondo circostante; decide che quello che sta per vivere sarà il suo ultimo giorno; al piano superiore della sua sala prove immerso tra fotogrammi video di Street Spirit (Radiohead) in compagnia degli amici Lisa e Nick, all’improvviso si getta dalla finestra. Il disco è un viaggio strumentale nel travaglio psicologico, affettivo e umano dell’uomo obbligato a confrontarsi col proprio io e col mondo esterno. Si potrebbe dire che David è un’opera firmata da Airportman e Pol Bergese (membro e produttore della band), perno principale di quest’opera visto che ha agito come un musicista aggiunto nell’assemblare le partiture composte autonomamente dagli altri 4 componenti: ogni musicista ha infatti registrato le tracce in solitudine, conoscendo solo il canovaccio della storia che si voleva riprodurre. La scommessa è stata ampiamente vinta dalla band, capace di ricreare un’atmosfera decisamente cupa e claustrofobica, la nevrosi è la componente che accompagna tutto l’ascolto fino al suo epilogo. Un disco non certo facile, ma bello e intenso. Ora sarebbe interessante vedere come gli Airportman lo proporanno in live, magari facendo a meno delle macchine ed affidandosi alla capacità di ogni singolo artista d’interagire con gli altri.
Sono passati poco più di tre anni dal primo ascolto di Io Sono Febbraio, brano “radiofonico” che faceva da traino alla prima esperienza discografica dei monregalesi Litio, e di acqua sotto i ponti sembrerebbe esserne passata a vagonate: a (Flo)Reale è seguito un Ep, un sacco di live in giro tra provincia e torinese, e ora un disco che ha tanto di provincia (e non solo per l’etichetta, la Vollmer). “Con la semplicità” è un disco decisamente più strutturato rispetto agli esordi; parrebbe che si sia scelto di abbandonare l’immediatezza e l’orecchiabilità di (Flo)Reale, a favore di un suono e un amalgama molto più definito. La sgangheratezza dell’attitudine new wave ha trovato un nuovo ingrediente con cui mescolarsi fatto di un sound ruvido che ricorda i suoni del beat (italiano) caro a tante band dei ‘60s. Altro aspetto interessante sta nella forma usata dai Litio per parlare di sé e della realtà in cui vivono (Mamacita di nome fa Cuneo, non Barcellona): la gradevole consapevolezza di chi della vita “di provincia” vuole approfittare degli aspetti più positivi e che di quelli opprimenti cerca con ironica leggerezza di riderci sù. Questo rende i Litio una delle band che non si nasconde dietro a un dito nel suo essere “di confine”, ma che al contrario cerca di rendere il luogo in cui vive e i “suoni locali” un po’ meno desolati. E di questo ce ne rallegriamo tutti, Mamacita!