“Rivolgendosi ai cappellani militari in congedo l’11 giugno 1959, nei giardini vaticani, papa Giovanni XXIII dice che ‘indimenticabile fu il servizio’ da lui compiuto come cappellano negli ospedali, negli anni della Grande Guerra. Un servizio che gli aveva ‘fatto raccogliere nel gemito dei feriti e dei malati l’universale aspirazione alla pace, sommo bene dell’umanità’. Mai come allora aveva sentito ‘quale sia il desiderio di pace dell’uomo, specialmente di chi, come il soldato, confida di prepararne le basi per il futuro col suo personale sacrificio, e spesso con l’immolazione suprema della vita’”. Lo ricorda lo speciale dei settimanali diocesani del Nord Est in occasione della visita di Papa Francesco a Redipuglia, mostrando come Roncalli affrontò “una delle prove più dure della sua esistenza, la partecipazione alla prima guerra mondiale”. In una lettera scriverà: ‘Questi cari giovani soldati non si può non amarli quando si sono avvicinati una volta: e sono tanto, tanto degni di ogni cura e di ogni conforto’”.
“Il 13 settembre la parola ‘presente’ scolpita ossessivamente sulle scalinate di Redipuglia è stata tradotta simultaneamente nelle innumerevoli (troppe) lingue parlate dai popoli che oggi sono vittime di conflitti armati, di persecuzioni, di dittature, di epocali ingiustizie”. Lo spiegano i direttori dei settimanali diocesani del Nord Est nell’editoriale comune per la visita di Papa Francesco a Redipuglia. “Il gesto simbolico di Papa Francesco di regalare ai cappellani militari di tutto il mondo le lampade accese alla fiamma del sepolcro ove riposa San Francesco di Assisi ribadisce il rimando alla luce della fede che squarcia le tenebre della morte e del peccato, ma al contempo anche si fa simbolo laico della ragione che abbatte l’oscurità dell’ideologia e della superstizione. Con questo gesto è come se il Papa andasse al cuore di tutti i conflitti”. Così, “se a Redipuglia Mussolini voleva scolpire nella pietra il primato dell’istanza collettiva della nazione sull’identità e la coscienza individuale, oggi Papa Francesco invita i popoli della Terra a dare ascolto prima di tutto alla voce di Dio insita nel cuore di tutti gli uomini che ispira sentimenti di fratellanza universale e svuota dal di dentro i conflitti”.
Un viaggio quello di Papa Francesco che ha assunto una valenza particolare in una terra di confine come il Friuli Venezia Giulia, segnata “dalla violenza delle due guerre mondiali”, come ricordano i vescovi della regione. Un secolo or sono, la parte orientale della regione apparteneva all’Impero austro-ungarico e quindi i giovani isontini, triestini e della Bassa Friulana vennero chiamati alle armi già alla fine del luglio 1914 e mandati a combattere sui fronti dell’Europa centrale: molti di essi non fecero ritorno e di tanti non si è mai conosciuto nemmeno il luogo della morte. In tal senso il viaggio del Pontefice si è trasformato veramente in pellegrinaggio di riconciliazione e di pace, con la preghiera elevata “per i caduti di tutte le guerre”, tanto nel cimitero austro-ungarico di Fogliano, dove sono sepolti 16mila soldati che vestirono quella divisa, quanto nel sacrario di Redipuglia, dove riposano oltre 100mila caduti italiani: giovani dalle provenienze, dalle lingue, dalle religioni diverse ma divenuti fratelli nel comune tragico destino di morte.