Dopo una quindicina d’anni, la prossima primavera rispunteranno forse alberi nella piazza Maggiore di Mondovì: ma solo da maggio a ottobre, a stendere “erga omnes” ombre riposanti nel sito più bello e scenografico della città, caro ai monregalesi e attraente per i turisti. E’ il Comune a prospettare la possibilità del ripristino, per andare incontro alle richieste degli abitanti che non si sono mai arresi al restyling della piazza che abolì l’aiuola centrale sostituendola con ciotoli, lastre in pietra e scalini squadrati. Una piazza ridisegnata in base a un progetto scelto fra i trentasei che già allora avevano suscitato perplessità.
Realizzato a tambur battente sotto l’urgere di elezioni, il restyling rivelò subito pecche per gli ampi tratti insicuri della nuova pavimentazione sostituiti da chiazze d’asfalto, per gli inserimenti di dissuasori del traffico e di una molteplicità di “cubotti”. Soprattutto il calore estivo nella piazza assolata e priva d’ombre fece presto rimpiangere alberi e aiuole. Grandi fioriere in ghisa e piccole aiuole posticce cercarono a volte di porre un rimedio e un conforto, ma erano surrogati precari. “Va benissimo un ritorno al Medioevo – scrisse ad esempio fin da subito un nostro lettore invitando ad un supplemento di riflessione e di ascolto –. Ma questa piazza, frutto di secoli di storia, era il punto d’incontro privilegiato della vita cittadina, degli abitanti dei vari terzieri. Qui si veniva per discutere, per decidere. Adesso una piazza nuda, acciottolata, assolata sarà davvero più invitante, più accogliente? La gente ci verrà ancora? E per farci cosa?”.
In realtà, la piazza medievale prevedeva portici ma non alberi e aiuole centrali; e la decisione del prof. Giusta, sindaco decisionista per eccellenza, di realizzare a metà ‘900 quell’oasi di verde fece storcere il naso a qualche studioso e purista, ma piacque ai più ed entrò nelle abitudini: fino appunto a una quindicina d’anni fa. Ora, l’annuncio di un ripensamento però soltanto parziale, perché alberi “di media grandezza” e oasi verdi sarebbero installati in primavera e rimossi in autunno, con operazioni alquanto impegnative e presumibilmente costose (ma al riguardo il sindaco annuncia consultazioni con gli esercenti e una verifica della sostenibilità economica).
Si rifletta dunque e si decida al meglio, perché la piazza Maggiore è una delle cose più preziose che può vantare la città, una testimone di secoli di storia e di mutamenti. Cuore pulsante fin dal Duecento, quando a ridosso dalle mura i nobili vi costruirono i loro palazzi (case ancora basse, con portici e cortili aperti ai traffici e facciate arretrate, poi sostituite nel Sei-Settecento da quelle più ambiziose e decorate). Sulla piazza dovevano passare tutte le merci, svolgersi mercati e fiere; lì si esponevano alla gogna banditi e debitori; approdavano vescovi e cardinali, perfino un papa, Pio VII prigioniero dei francesi. Lì sciamavano goliardi e docenti dell’antica Università; irrompevano truppe amiche e nemiche, e Napoleone vincitore al Bricchetto; sfilavano seminaristi e collegiali; passeggiavano su e giù canonici e avvocati. E soldati in libera uscita adocchiavano ragazze e madamine contegnose. I Gesuiti abbattevano arcate di portici ed erigevano sul lato sud chiesa e collegio barocchi; i governatori vi costruivano sul lato nord il palazzo degli stemmi; alle sue spalle Francesco Gallo innalzava a metà ‘700 la nuova Cattedrale...
Da più di ottocento anni ogni secolo vi ha lasciato segni del suo gusto, della sua civiltà, delle sue vicende. Se ora aggiungeremo alberi e ombre soltanto temporanee, saranno un simbolo significativo della precarietà che al presente ci caratterizza e ci preoccupa.