Fa un certo effetto pensare che nel periodo di “Mare Nostrum” uno dei migliori dischi prodotti nel 2014 provenga da un luogo non ben delineato e generico come l’ampio e onnicomprensivo Mediterraneo. C’mon Tigre è un disco che arriva da tutti i posti e da nessuno, potrebbe essere salpato dalle coste di Beirut, aver sostato a Cipro e ripreso la navigazione fino a Gibilterra, attraccando un po’ ovunque, ma non si riesce a capire a pieno la sua vera provenienza.
Era un po’ di tempo che non si ascoltava un disco come questo, e, come nelle migliori epifanie, quando l’apparizione giunge inaspettata, la sorpresa si accompagna alla meraviglia e l’effetto diventa dirompente. La notizia è arrivata dalla vicina Francia, molto attenta culturalmente e musicalmente alle contaminazioni (forse anche per le varie anime che oramai la popolano), ma si è poi propagata inevitabilmente anche oltr’Alpe, tanto più che alcuni artisti italiani hanno partecipato al progetto.
Dietro questo nome si cela una storia (volutamente) nebulosa, capace di avvolgere il progetto sotto un alone misterioso: C’mon Tigre si definisce un duo, ma in realtà non se ne conosce perfettamente il numero e il ruolo dei differenti artisti, né tanto meno da dove vengano (anche se alcuni nomi in rete circolano e uno è quello del compianto, ex Offlaga Disco Pax, Enrico Fontanelli).
Ciò che si conosce è che C’mon Tigre porge uno sguardo verso le culture che gravitano attorno all’area del Mediterraneo e alla musica afro/latina, e che questo miscuglio diventa un coacervo di novità come non si sentiva da un po’: Gonjasufi e Salif Keita che vanno a braccetto da una parte con l’alternative rock e le contaminazioni della musica moderna e dall’altra al funk di vecchia scuola. Loro stessi, dal sito, si chiamano all’interno del genere funk: «Il nome che gli afroamericani diedero a questo stile “sporco” di musica fu Funk a causa dell’odore del corpo prodotto in una fase di eccitazione. Questo è ciò che facciamo, riff ripetitivi e una tendenza a portare all’estremo un mosaico di melodie arabe, drum machines analogiche, sinuose chitarre e una sezione fiati da urlo, che può suscitare la danze dei serpenti». Non esiste definizione più calzante ed esplicativa di questo disco che per poco meno di un’ora ci conduce in un mondo ricco di fascino e che richiede ad ogni ascolto di essere approfondito.
Il brano che traina l’intera opera è probabilmente la seconda traccia, Féderation Tunisienne De Football, lanciato a giugno in occasione dei Campionati del Mondo di calcio con un video del sanmarinese Gianluigi Toccafondo maestro della pittura in movimento (ha lavorato con registi come Ridley Scott e Matteo Garrone ed ha curato le grafiche per l’ultimo disco di Vasco Brondi), che ne mette in luce attraverso le immagini il caleidoscopio di colori ed emozioni che la musica di C’mon Tigre riesce a sintetizzare.
questo il video di Féderation Tunisienne de Football, animato, disegnato e diretto da Gianluigi Toccafondo