Processo rinviato: il Console non sa l’italiano
«It’s too far, your honor!», è troppo lontano, vostro onore. Una frase che non si sente tanto spesso in un’aula di giustizia di un Tribunale di provincia come quello di Mondovì. Soprattutto se a pronunciarla è una testimone che si è presentata come il console egiziano in Italia. È stata chiamata a deporre a difesa di un imputato finito a giudizio per una patente apparentemente taroccata. Nasce come banale processo per documenti falsi, diventa quasi un caso di studio.
L’imputato è un egiziano residente nelle Langhe, A.G., che nel 2012 fu fermato dalla Polizia dopo un incidente stradale avvenuto a Carrù. L’uomo mostrò agli agenti la propria patente e i poliziotti, dopo i normali controlli, notarono strane irregolarità. Un confronto coi database dell’Interpol li portò a dedurre che si trattava di un falso: «Dai raffronti sono emerse molte discordanze – ha spiegato in aula l’agente della Polizia scientifica –: il modello era simile a quello delle patenti emesse dopo il 2009, ma mancava il codice a barre. La foto era in bianco e nero e stampata con una tecnica diversa da quella che avrebbe dovuto essere, la tessera era ricoperta da una doppia pellicola anziché da una singola. Alcuni fori che dovrebbero essere stampati a macchina sulla tessera sembravano invece essere fatti a mano». Il pubblico ministero, il vpo Alessandro Borgotallo, ha mostrato all’agente la copia di fax giunta in Questura dal Consolato egiziano della sede di Milano: un documento in cui, con un italiano a tratti errato, il console dichiarava che quella patente era autentica. Un intervento istituzionale abbastanza inusuale: ma l’imputato avrebbe dichiarato che di professione aveva fatto da autista per il console in persona. «È normale – ha chiesto il pm – che la Questura chieda al Consolato di intervenire su questa vicenda?». L’agente: «Non l’abbiamo interpellata noi».
Il console, però, al processo si è presentata davvero. Ma al momento di prestare il giuramento… ha affermato di non saper parlare italiano: «Only english or arabic language», solo inglese o arabo, ha detto la donna al giudice Ruggiero. Il magistrato le ha immediatamente spiegato che l’udienza non si sarebbe potuta svolgere in una lingua differente dall’italiano e che era necessario far intervenire un interprete riconosciuto dal Tribunale. Quando le è stato detto che il processo sarebbe stato sospeso e rinviato a marzo, la testimone ha protestato: «Ma vostro onore, è una data troppo lontana – ha detto (in inglese), rivolgendosi direttamente al giudice –, non è possibile chiamare un interprete ora? Io vengo da Milano, ho dovuto chiudere il mio ufficio per poter essere qua alle 8 e ho aspettato quattro ore prima che mi faceste entrare». Ma ovviamente non è stato possibile ammettere la testimonianza. Il processo è stato aggiornato, la console potrebbe far pervenire una documentazione scritta.