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giovedì 20 Marzo 2025     Accedi

Cristiani perseguitati, tra troppi silenzi

 Episodi di violenza e di intolleranza, non solo in Pakistan

Marco Volpe

Sono cento milioni i cristiani perseguitati, discriminati e ridotti al silenzio per la loro fede. Accade sotto tutte le latitudini. In Pakistan 15 i cristiani uccisi e 78 feriti, di cui 30 in gravi condizioni, in due chiese, una cattolica e una protestante, sono le ultime vittime di una persecuzione «che il mondo cerca di nascondere», come ha denunciato Papa Francesco all’Angelus di domenica 15 marzo. «Radio Vaticana» ha intervistato Cristina Merola dell’«Associazione internazionale Porte aperte», che da 60 anni è al servizio dei cristiani perseguitati in oltre 50 Stati.
«Sì, la persecuzione dei cristiani – dice l’esperta - è in crescita in vari Paesi, se nel 2014 ci sono state 4.344 vittime e 1.062 chiese distrutte, il doppio rispetto al 2013. I primi dieci Paesi della “lista nera” sono: Corea del Nord, Somalia, Iraq, Siria, Afghanistan, Sudan, Iran, Pakistan, Eritrea, Nigeria. I cristiani sono la religione più perseguitata, forse perché non fanno gli interessi dei potenti. Non sono al centro dell’attenzione perché, come in Pakistan, sono una minoranza, seppure consistente. Anche l’Africa sta diventando un continente insicuro: la situazione è peggiorata in 33 delle 50 Nazioni che elenchiamo nella “lista nera”. Alcuni Paesi in due-tre anni si sono fortemente destabilizzati, specie nella cintura del Sahel – Nigeria, Niger, Ciad, Sudan e Sud Sudan – perché hanno fortemente risentito della caduta dei Governi dell’Africa del Nord, come la Libia. Paesi che hanno messo in giro tantissime armi e hanno armato gruppi di integralisti islamici, che ora combattono perché gli Stati impongano la legge islamica».
Hanno rivendicato l’attacco in Pakistan i miliziani di Jamaat-ul-Ahrar, un gruppo scissionista dei Talebani. Ha detto domenica 15 marzo Jorge Bergoglio: «I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e la concordia per quel Paese, e che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».
Sulla drammatica situazione in Pakistan e, più in generale, in Asia, p. Bernardo Cervellera, missionario del Pime e direttore di «AsiaNews», spiega: «Le notizie sono terribili: sembra che gli attentatori siano due Talebani che volevano entrare nelle chiese e, per questo, hanno cominciato a sparare. Ma le guardie di sicurezza fortunatamente li hanno fermati perché le due chiese erano stracolme di fedeli, almeno mille persone. Per cui, se fossero entrati nelle chiese, sarebbe stato un massacro enorme. Questa volta cattolici e protestanti hanno protestato e continuano a farlo perché criticano la mancanza di sicurezza e incolpano il Governo del Punjab: tocca al Governo fermare gli attacchi alle chiese e alle moschee e bloccare le continue violenze dei Talebani».
Filtra un’altra notizia che conferma la connivenza dei poliziotti con i terroristi: sembra che alcuni agenti, che avrebbero dovuto vigilare sulle chiese, fossero al bar a guardare una partita di cricket. Padre Cervellera accusa apertamente il Governo pakistano: «Ha sempre avuto un comportamento molto ambiguo verso i Talebani: da un lato li protegge e offre loro rifugi, soprattutto nel Nord del Paese; dall’altro lato è alleato con la comunità internazionale e con gli Stati Uniti per combattere il terrorismo», e per questo prende i soldi dagli occidentali. L’estremismo talebano è profondamente ramificato in Pakistan perché in questi anni sono riusciti a fondare qualcosa come 20-25 mila scuole coraniche che insegnano l’Islam fondamentalista. Osserva ancora Cervellera: «I fondamentalisti combattono sia i cristiani e sia gli sciiti. Infatti ci sono tantissimi attacchi alle moschee sciite. È il gruppo dei cosiddetti “ahmadi” che si ispirano un po’ a Maometto un po’ all’Islam ma che sono considerati eretici».
Al fondo di tutto, come ovunque nel mondo, ci sono i soldi e le armi. Anche i Talebani pakistani sono finanziati da Paesi del Golfo, per cui hanno soldi e armi a non finire. Ciò induce i gruppi terroristi e fondamentalisti ad allearsi con il cosiddetto Stato islamico, o Califfato, per avere fondi e armi.


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