
Ci sono band che offrono, con interi album o solo con qualche canzone, un pezzo importante di Storia della musica; altre invece rappresentano un momento particolare della stessa, interpretandone il ruolo di esponenti, rappresentanti, o icone. Successe con i Rolling Stones e i Beatles, si segnò (specie nel Regno Unito) con tutti i movimenti successivi, di mods, skinheads e punk. La musica inglese è stata caratterizzata spesso da queste mode; l’ultimo in termini temporali ha compiuto 25 anni ed è rappresentato dal Brit-pop, di cui furono massimi rappresentanti Oasis e Blur. Se l’esperienza artistica dei primi è stata segnata dal difficoltoso rapporto tra i due Gallagher e dal successo in termini di pubblico a livello mondiale, i Blur sono stati una band capace di ammiccare al main stream e agli ambienti più indie; questo grazie anche alla quota artistica delle due “menti” della band: il chitarrista Graham Coxon e il cantante e front man Damon Albarn. Quando il sodalizio artistico ha mostrato qualche crepa era inevitabile che i Blur incontrassero un periodo di svolta; così dopo la definitiva consacrazione con 13, l’abbandono di Coxon e il tentativo da parte degli altri componenti di portare avanti Think Tank è cominciata una lunga pausa di inattività.
Con le Olimpiadi di Londra e il riavvicinamento dei componenti della band, i Blur si sono ritrovati per una serie di live; e da un palco al ritorno in studio il passaggio è stato (più o meno) breve: in cinque giorni si sono riordinate le idee, si è suonato a profusione, si è scelta la direzione da prendere ed ecco uscire il nuovo The Magic Whip (la frusta magica).
Per una band che si ritrovava su di un album dopo 12 anni (per Coxon pure di più) la scelta più facile sarebbe stata quella di andare su formule collaudate, stili e target sicuri. I Blur sono una band con voglia di suonare; dando così sfogo al processo creativo e per tener fede a questo, the Magic Whip è una frustata alla naftalina, condivisione di bagagli di esperienze, artistiche e umane. La bellezza di questo nuovo disco e la ragione per cui si può applaudire al ritorno di una band come i Blur è quella di aver ritrovato una spinta propulsiva all’interno di una matrice pop. Demon Albarn è di sicuro quello che ha fatto il maggior numero di esperienze sonore, dal main stream coi Gorillaz al viaggio sudsahariano e l’incontro con Bombino. The Magic Whip è una girandola di tutto questo e di tanto altro, un viaggio nella musica dei suoi componenti: Go Out è un brano rock che potrebbe essere stato prodotto nell’epoca di Song 2, My Terracotta Heart e Pyongyang sono invece figli della nuova vis creativa e delle nuove esperienze artistiche (Mali Music), un viaggio dai primi album di inizio ‘90 (quelli che vedevano i Blur insieme a Elastica e Pulp come ultimi strascichi della new wave anni ‘80) in New World Towers a quella fase in cui insieme a Oasis, Primal Scream, the Chemical Brothers, Kula Shaker, Supergrass e altri (There Are Too Many Of US e Ghost Ship) divennero alfieri di un “brit pop” che segnò un decennio.