Gad Lerner: «A Mondovì parlerò della minaccia di Isis»

«Le posso dare dieci minuti…» dice, e poi ne passa venti a rispondere alle domande. Il vento elettorale della Lega, l’escalation di violenza targata Isis… e l’importanza del giornalismo locale. Dal tema del giorno al tema del decennio: a tu per tu con un disponibilissimo Gad Lerner, nome di punta del sabato sul palco letterario di Mondovisioni – la kermesse targata Collisioni che sbarca a Mondovì il 13-14 giugno.
Lerner, ci fa un commento alle elezioni regionali di domenica? Ora Renzi cosa deve fare?
«Queste elezioni sono state un campanello di allarme. Non credo che per Renzi le ripercussioni siano immediate, ma non deve prendere le cose sotto gamba: lui si aspettava di perdere voti a sinistra ma di guadagnarne fra i moderati, e invece così non è stato. I grillini hanno tenuto e ovviamente c’è l’ascesa di consensi della frangia estremista, che io chiamo senza esitazione “fascio leghista”».
Salvini ha fatto tornare la Lega alle percentuali di 15 anni fa.
«Esatto. Renzi l’ha sottovalutata, a me preoccupa molto».
Le fa paura?
«Sì. La storia, italiana ed europea, è piena di questi personaggi, diciamo folkloristici, sottovalutati, che poi hanno avuto una carriera sfociata in qualcosa di drammatico. Quello che oggi ci sembra una macchietta televisiva, su cui fare ironia perché si cambia la felpa a ogni città che visita, domani potrebbe diventare una persona davanti a cui ci si metterà sull’attenti».
Quanto influisce l’apprensione per la scena internazionale in questo fenomeno?
«Moltissimo. Così come la crisi economica interna. In periodo di grande instabilità, i movimenti estremisti, nazionalistici e antieuropeisti prosperano. Si coltivano le logiche delle guerre tra poveri».
L’estremismo che cresce a sud del Mediterraneo, l’Isis: è il tema del suo intervento a Mondovì sul palco di “Collisioni”. Secondo lei quanto è reale, per l’Italia, questa minaccia?
«Io credo sia fondata. Non voglio nascondermi dietro a un dito: il fatto che ci siano demagoghi, imprenditori politici della paura, che soffiano sul fuoco non vuol dire che questo incendio non ci sia e che non possa lambirci. Mi piacerebbe dire che non ci riguarda, ma non è così: il nemico c’è e sta occupando territori a noi sempre più vicini. Ed esiste anche il parziale rischio del “contagio” della propaganda».
Lei non crede che le forze occidentali abbiano avuto un atteggiamento un po’ contraddittorio? Da un lato si osteggia, ma dall’altro…
«E come no! È un dato di fatto che le cosiddette “petromonarchie” hanno costruito i propri insediamenti in occidente. Prendiamo Milano, la città dell’Expo, dove il Qatar ha un’enorme investimento immobiliare».
Di recente papa Francesco ha di fatto riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. Secondo lei questo migliora le cose o le peggiora? La reazione di Israele non è stata, diciamo, felice…
«Io credo che la migliori. Io credo che il Governo israeliano abbia bisogno di una forte pressione internazionale per non adagiarsi nella convinzione che la sua supremazia militare sia sufficiente. La destra di Netanyahu è un governo che mira solo a prendere tempo: una posizione irresponsabile e pericolosa, con la polveriera siriana a pochi chilometri di distanza».
Lei sarà a Mondovì per un evento che includerà anche il “Premio giornalistico Fracchia”, destinato al giornalismo che si occupa delle tematiche locali. Lei crede che questo “mestiere”, il giornalismo locale, abbia un futuro?
«La mia esperienza personale mi dimostra che la stampa locale ha oggi una penetrazione molto superiore a quella nazionale, sia in termini di lettori che di raccolta. È una cosa fondamentale, per non vivere nell’isolamento. Sì, sono sicuro che avrà un futuro e che resisterà alla crisi anche meglio di quanto sta facendo il giornalismo nazionale».