
Non c’è genere musicale sulla faccia della Terra più poliedrico, capace di contaminazioni e di derive, del jazz. Per la sua struttura questo genere è uno spartito in movimento, in grado di adattarsi e appoggiarsi alle qualità degli artisti che lo eseguono, alle formule e alla forma che in una serata si devono rispettare o, ancora, al mondo che si decide di vivere e interpretare. Questo è il jazz, la sesta declinazione, il mondo che ancora non esiste. Per eccellenza, il foglio bianco su cui poter scrivere di tutto.
O, meglio, questo è quello che romanticamente si tende a pensare, che si decide di idealizzare. Poi in realtà, svelando la patina di letteratura che ci si è posata sopra, si scopre che sottende a regole ben ferree, a “logiche di potere” che non ci si potrebbe manco aspettare, a potentati e “baroni”, e una storia che poggia le proprie fondamenta nella segregazione razziale del sud degli Stati Uniti.
Nel mondo del jazz, il termine New Orleans (principale centro della Louisiana) è addirittura diventato un genere nel genere, fatto di ragtime, marching band, strumenti portanti e controcanti di altre parti (clarinetto o trombone).
Questo è il mondo da cui proviene Branford Marsalis, maggiore dei fratelli Marsalis (di cui Wynton è forse l’esponente più famoso), al quale attinge e da cui apre digressioni per spostarsi tra le forme più tradizionali del genere o, in direzione opposta, verso il pop (ultime le collaborazioni con Alicia Keys o qualcuno più “agé” ricorderà il sassofono di Englishman in New York di Sting).
Branford Marsalis sarà giovedì 16 luglio a Monforte, secondo appuntamento dopo i Los Lobos, della programmazione 2015 dell’Auditorium Horszowski.
Con il suo Quartetto (formato nel 1986 e ad oggi ancora principale mezzo di espressione musicale), accompagnato da Joey Calderazzo al piano, Eric Revis al basso e Justin Faulkner alla batteria, Marsalis condurrà il pubblico di Monfortinjazz in un entusiasmante viaggio tra le migliori sonorità di New Orleans, con l’aggiunta delle ricche improvvisazioni e dei colpi di scena inaspettati cari al sassofonista cinquantacinquenne.