
La filosofia è una di quelle scienze umanistiche che permette all’uomo di rispondere alle “grandi” domande che riguardano la vita; a differenza della religione che, per impostazione, è basata su dogmi a cui attenersi, in filosofia il punto di partenza sta nel dubitare sulle cose. Allo stesso modo con cui si può far uso della ragione o di una fede per dare (o avere) delle risposte sulla propria esistenza, in musica le nostre orecchie possono essere un contenitore fatto di ascolti proposti da altri, a seconda delle mode e dei momenti, decisi da logiche che sottendono ben poco all’arte, oppure diventare uno strumento per approfondire la ricerca. Questi parrebbero i due concetti cardine che hanno ispirato i monregalesi Paolo Bertazzoli, Pietro Caramelli e Tommaso Fia nel dare vita al loro progetto musicale La Teiera di Russell, prendendo in prestito la metafora di Bertrand Russell che rifletteva sui dogmi religiosi e sull’esistenza di Dio (articolo commissionato nel 1952 da Illustrated Magazine, ma mai pubblicato). Quando si ha un’età compresa tra i 18 e i 20 anni ci si può concedere – vuoi per infatuazione, vuoi per quella “irresponsabilità limitata” in cui ci si può permettere un po’ di tutto – di approcciarsi alla musica che si compone come ad un gran calderone dove poter mettere un po’ di tutto al suo interno, una marmitta di rame da pozioni, per vedere poco alla volta cosa si riesce a tirar fuori.
È inevitabile che questo primo episodio presenti elementi acerbi, ma sicuramente denota una capacità compositiva assai interessante, fatta da ottimi musicisti. Nel primo EP della band, sapientemente guidata negli Oxygen Studios dalla mano di Paride Lanciani, sono tanti gli echi degli ascolti giovanili: Dogma 15, brano iniziale (dopo il primo minuto “di Pura Ignavia!”) – che si apre con un “Ladies and Gentlemen” che tanto rievoca il grido di Jon Spencer in Acme – richiama il meglio del noise e del post rock di metà anni ‘90 in una cavalcata lunga 15 minuti di puro rock tra Tortoise (soprattutto), Explosion In the Sky e Mogwai. NMR – che uscirà il prossimo 18 ottobre – non è tuttavia solo questo, al contrario è un percorso nel rock che, attraversando le esperienze di Stereolab e Jaga Jazzist, giunge fino al jazz e alla fusion (quella di Hancock).
Il risultato di questo lungo viaggio è tutt’altro che scontato e per nulla banale. I ragazzi sono giovani e devono farsi perchè, per quanto l’idea di non avere nessun dio a cui ispirarsi arrogandosi per di più il diritto di metterne sempre in dubbio l’esistenza senza darne spiegazione, possa funzionare, a lungo andare rischia di trasformarsi anche in un limite contro cui sbattere: si dice tutto e il contrario di tutto, senza riuscire così a trovare un uditore finale abbastanza paziente da districare tutta la matassa. Chi produce musica – a differenza di chi suona per sè – lo fa inevitabilmente con l’obiettivo di comunicare con un pubblico.
La Teiera di Russell “NMR” 2015, Vollmer Ind. Post Rock