Ospedale di Ceva sempre “massima allerta”

«Vogliamo un Ospedale che sia in grado di gestire le emergenze. Non chiediamo l’Ospedale sotto casa, non vogliamo la luna. Chiediamo davvero poco. In Regione non si rendono conto che i tagli al nostro Ospedale sono enormi per noi, mentre non risolvono nemmeno in minima parte i conti della Sanità».
Con questa frase di Davide Prato, presidente del Co.Di.Ce., si può riassumere la serata di venerdì scorso in Biblioteca, dove lo stesso ha organizzato il convegno “Il futuro degli Ospedali e dei Distretti montani tra riforme e spending review”. All’incontro erano stati invitati i consiglieri regionali Paolo Allemano (medico, già sindaco di Saluzzo, Pd), Mauro Campo (ingegnere di Cuneo, Movimento 5 Stelle) e Franco Graglia (già sindaco di Cervere, Forza Italia), che, impossibilitato a presenziare, si è fatto rappresentare dal consigliere provinciale Claudio Ambrogio (sindaco di Benevagienna).
In apertura sia Davide Prato che il sindaco di Ceva, Alfredo Vizio, hanno sommariamente riassunto la “storia” dell’Ospedale di San Bernardino: sempre al centro di sacrifici, vicissitudini burocratiche, promesse, battaglie e proteste.
«Dopo 10 anni siamo ancora qui a difendere il nostro Ospedale – ha chiosato Prato – e le varie mobilitazioni sono servite perché diversamente oggi la struttura avrebbe ancora meno servizi. Non chiediamo privilegi, ma giustizia. Un esempio? Un nostro Distretto rischia di essere accorpato con Mondovì solo perché il Monregalese non ha i numeri per averne uno da solo. Mentre noi, con la deroga di area disagiata, non abbiamo tale problema».
Alfredo Vizio: «Ceva ha una funzione indispensabile per la salute dei nostri territori disagiati. La preoccupazione è per i reparti: per Chirurgia la decisione di mantenerla aperta per soli 5 giorni la settimana non è ancora stata attuata, ma è prevista nel Piano regionale. Nefrologia-Dialisi e Oculistica restano due grosse incertezze perché in tutta l’Asl Cn 1, dalle due di oggi, se ne dovrà avere una sola, secondo quanto prevede il Piano sanitario regionale. Infine il Pronto soccorso, aperto e funzionale 24 ore su 24, ma con i pazienti del 118 spesso indirizzati su Mondovì: si ha una carenza di numeri. E poi ci sono le nuove difficoltà future del Distretto».
Sono seguiti gli interventi dei tre politici presenti.
Paolo Allemano: «Ceva è fondamentale come presidio per la salute. La mobilitazione va bene, ma bisogna saper cogliere le sfide del cambiamento e capire dove collocare le proprie aspettative dei servizi. Io non farei una battaglia per mantenere il Distretto; unirsi a Mondovì potrebbe andare bene, ma con sede a Ceva. In ogni caso in Regione nessuno ha intenzione di mortificare l’Ospedale di Ceva».
Mauro Campo: «Il Piano non tiene conto delle peculiarità del territorio, si fanno tabelle senza considerare le situazioni reali. Pensiamo a un progetto sperimentale per eliminare i confini, dove sviluppare un Ospedale diffuso, per esempio con in unione con quello di Cairo Montenotte. I tagli per Ceva sono significativi per la gente che vi abita, recuperando però solo pochi soldi»
Claudio Ambrogio: «Il territorio cebano ha già sacrificato tanto su vari fronti: trasporti tagliati e ferrovie chiuse, lavoro penalizzato con perdita di centinaia di posti in tutta la Valle Tanaro, strade non curate. Si devono assegnare dieci strutture complesse. A Ceva dovrà pur arrivare qualcosa».
Il presidente Prato ha dissentito per quanto riguarda una possibile unione con Mondovì circa il Distretto e ha spiegato: «La storia ci ha insegnato con le fusioni con Mondovì hanno portato disagio a Ceva»
Presente in sala Giorgio Ferraris, sindaco di Ormea, che a margine dell’incontro ha sottolineato: «C’era stato un impegno politico per dotare l’Ospedale di Ceva di servizi di Chirurgia particolare, come quella della mano e portare così una specialità importante. Ma non mi risulta che ciò sia avvenuto».
«La partecipazione – ha commentato al termine dell’incontro Davide Prato – è stata buona stante anche la tematica della serata, alquanto impegnativa. E’ stata l’occasione per far sentire ai rappresentanti politici della Regione (quelli intervenuti almeno) qual è lo stato d’animo della cittadinanza, che, come si è visto e come peraltro era già noto, è rassegnata e non crede più nella politica».