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martedì 25 Marzo 2025     Accedi

«Vi racconto quella rapina al Ceva-Ormea di 40 anni fa…»

«Assaltato lo “sbrivazzo”» titolava il settimanale “Alta Val Tanaro” del 16 giugno del 1973. Una rapina sul treno appena rinato, il Ceva-Ormea.

Marco Turco

«Assaltato lo “sbrivazzo”». Titolava il settimanale “Alta Val Tanaro” del 16 giugno del 1973. Giovedì 7 giugno di quell’anno si verificò infatti una rapina sul treno che partiva da Ceva, per Ormea, alle 7,30 circa. Anna Sperinde, cebana, oggi pensionata, a quel tempo viaggiava tutti i giorni fra Ceva e Nucetto, dove lavorava come impiegata alla ditta “Ilcet”, oggi “Alpitel”. Ricorda ancora quei brevi e intensi momenti della rapina.
«Ho viaggiato sul treno per 15 anni da Ceva a Nucetto. Un viaggio di circa 10 minuti. Una grande comodità che oggi non è nemmeno più contemplabile. A Nucetto si va in macchina. Io prendevo tutti i giorni il treno che arrivava a Ceva da Ormea intorno alle 7,30 circa, per poi ripartire dieci minuti più tardi. Era frequentato dai tantissimi studenti provenienti dalla Valle Tanaro che così raggiungevano le Scuole cebane. In quei dieci minuti veniva anche scaricata la posta. All’epoca abitavo in via Barberis, e appena sentivo il treno giungere in Stazione partivo da casa, tanto sapevo che prima che studenti e posta fossero “scaricati” ci voleva un po’... il tempo necessario per raggiungere a piedi la Stazione.

A quell’ora, su quel treno del mattino eravamo sempre in pochi. Anche il giorno della rapina eravamo in 5 o 6 e ricordo ancora bene chi eravamo: c’ero io, poi due impiegati del Banco Azzoaglio che andavano a Garessio, Alessandro Prato di Paroldo e Giovanni Sciandra di Ceva, e due professori di Saliceto, che, scesi a Ceva dal treno da Savona, continuavano il loro viaggio per la Val Tanaro.

Ricordo che ero appena salita, stavo per andare a sedermi. Erano ancora treni veri in quel periodo, non littorine come in seguito. C’erano i sedili in legno. Nel corridoio, stazionavano due persone appoggiate alla porta del bagno. I loro visi non li ricordo, ma so che appena presi posto loro si infilarono un passamontagna. Noi ci accorgemmo della cosa e avvertimmo il controllore. Fu una questione di pochi minuti. Il professore di Saliceto mi diede un libro da leggere per distrarmi, visto che ero visibilmente impaurita e tesa. Loro di lì a poco bloccarono il treno, più o meno in località Rocchini, dove la ferrovia e la strada rimangono vicine. Scesero in fretta e scapparono. C’era un’auto ad attenderli. Mi raccontarono che il loro obiettivo erano i valori postali, ma che forse non riuscirono a prendere dato che su quel treno non c’erano. Mi spiegarono poi, nei giorni successivi, che diedero una botta in testa al capotreno e che gli rubarono l’orologio.

La mattina della rapina il treno arrivò comunque abbastanza puntuale a Nucetto e lì c’erano le Forze dell’ordine in attesa. Ci chiesero molte volte la nostra testimonianza, e tutto quello che seppi dire era più o meno questo. Nei giorni successivi, ebbi un po’ di paura, ad entrare in casa e a uscire… paura anche a prendere il treno. Ricordo che da quel giorno non portai mai più con me contante, come spesso accadeva per lavoro, dovendo fare versamenti o consegne per le buste paga. Non c’erano ancora i bonifici».

Anna Sperinde è una dei tanti pendolari della linea Ceva-Ormea che non ha potuto fare a meno di commuoversi mercoledì scorso quando sui social network ha visto il ritorno della littorina con tanta gente ad accoglierla. E conclude: «Mi auguro davvero che la linea Ceva-Ormea possa rinascere dal punto di vista turistico. Il paesaggio che si può ammirare è unico. E, visto che ormai il mezzo di trasporto ordinario non potrà più esserci, almeno la parte paesaggistica e turistica deve essere conservata. È stato davvero commovente rivedere la funzionalità del treno in Valle. In 15 anni ho conservato tantissimi ricordi, e come me molte altre persone».

Nella foto, il vecchio locomotore a corrente trifase che trainava i treni sulla linea Ceva-Ormea, sino a metà degli anni ’70.


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