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Un fumetto in biblioteca: Le Cronache dal dopobomba di Bonvi

Una delle produzioni più dissacranti e politicamente scorrette del fumettista modenese, un viaggio in un mondo post-nucleare, dove non esistono valori ed etica.

Paolo Roggero

“Non so se il fumetto sarà mai considerato arte, e se interesserà mai la genesi di un'opera destinata sulla carta, così come interessa quella di un'opera destinata alla tela. Comunque, se non per i critici almeno per i curiosi, eccola qui”.

Leggere queste righe, a 37 anni di distanza, suscita emozioni contrastanti. Intanto perché quello che vi si preconizza si è puntualmente verificato, proprio in questi ultimi anni, con un'esattezza profetica. Poi perché, nonostante questo, le tavole che queste parole dovevano porgere al lettore sono comunque rimaste sostanzialmente dimenticate. Eppure si tratta del progetto più controverso, difficile e stimolante di uno dei più grandi e popolari autori di fumetti italiani di tutti i tempi, Franco Bonvicini in arte Bonvi.

Quelle poche righe appartengono alla prefazione dell'edizione Savelli del 1980 delle Cronache del dopobomba di Bonvi (il fumetto non ha avuto molte ristampe: è stato riproposto nel 1992 da Granata Press e nel 2009 è uscita una selezione di strisce per I maestri del fumetto, con Panorama e il Sole 24 ore). Appaiono nella rubrica: “Un fumetto in biblioteca” perché alla civica di Cuneo ne è conservata una copia, ed è una perfetta occasione per scoprire un piccolo gioiello dimenticato.

Bonvi è un nome familiare anche a chi non frequenti con particolare assiduità o passione il mondo del fumetto: è l'autore delle Sturmtruppen, le tragicomiche disavventure di una sgangherata brigata di soldati tedeschi, in una guerra non meglio precisata (se ci si pensa bene a seconda dei dettagli ritratti potrebbe essere la prima come la seconda. Talvolta le armi riportano al '15-'18, ma altri dettagli rimandano alla successiva, tra cui il fiero alleaten Musolesi, chiaramente fascista). Il fumettista è anche noto per Cattivik, Nick Carter e le immaginifiche Cronache dallo spazio profondo, scritte a quattro mani con Guccini, ancora oggi godibilissime e fresche, un capolavoro di fantascienza umoristica degno di stare con altri classici del genere, come la Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, Terra! di Benni, la serie Futurama di Matt Groening.

Chi ha letto e ama questi lavori di Bonvi è avvezzo al suo stile e ad un tipo di umorismo, cinico e disilluso, che non ha timore di misurarsi con contrasti concettualmente molto forti, ammorbiditi solo dal tratto giocoso del disegno (ma nemmeno poi tanto). Far ridere con un uomo che salta in aria, che viene fucilato, tanto per fare due esempi, non è una cosa così scontata. Bonvi è stato forse uno dei primi a rendere popolare, in un paese pieno di complessi e paletti morali sulla comicità, l'umorismo nero, genere spigoloso che in questi ultimi anni di social network e internet, viene spesso scimmiottato in nome del “liberi tutti” e della libertà d'espressione. A molti battutisti da sbarco e cacciatori di indignazione e like del web farebbe bene leggersi le Cronache del Dopobomba, per imparare sul serio cos'è la comicità nera.

Le Cronache hanno avuto una tempistica di gestazione lunga e piuttosto controversa (le prime bozze risalgono ai primi anni '70), e non è difficile intuirne il motivo. Bonvi in queste (tutto sommato poche: appena 43 storie brevi) tavole ha esplorato tutti quei temi che spesso le Sturmtruppen evocavano e trattavano, ma senza andare troppo a fondo. Si parte da un cliché popolare e molto usato dagli scrittori del genere: la catastrofe nucleare, che lascia dietro di sé un mondo di macerie, una civiltà a pezzi, da reinventare da capo. Questo consente a Bonvi di prendere a cannonate e radere al suolo l'etica, il background filosofico dell'umanità ed approcciarsi in modo diretto ai temi fondamentali della vita. Il sesso, la vita, la morte, il rapporto filiale, la convivenza con i propri simili, tutti questi elementi sono presi di petto, senza le sovrastrutture etiche e morali, con l'unico e primitivo filtro degli istinti animaleschi e bestiali dell'essere umano, dell'animale uomo. La domanda, insomma, è: se domani la nostra società venisse completamente azzerata, se il comune senso della morale fosse polverizzato, cancellato, dimenticato, che risposte daremmo alle domande dell'esistenza? Che mondo saremmo in grado di riformare? Come ci confronteremmo, sgombrato il tavolo dai nostri filtri morali, con la vita?

Il risultato è una serie di tavole dai temi fortissimi, che non si frena e non ha paura di andare a pescare nei fondi più torbidi dell'umanità. Cade ogni tabù: non si volta la testa davanti alla violenza, all'osceno, al raccapriccio. Nelle Cronache dal dopobomba Bonvi guarda il male direttamente in viso: non il male come entità astratta, ma il male che è nascosto dentro di noi, nelle più profonde pieghe della coscienza umana, e che in tanti anni abbiamo imparato a frenare, nascondere, mascherare, ma che non siamo in grado di soffocare del tutto.

Le Cronache non sono una lettura per tutti. Non sono una lettura piacevole, d'evasione. Non sono divertenti nel senso stretto del termine. Nonostante seguano i meccanismi e i linguaggi della comicità, strappano poche risate, dal retrogusto amaro. Anche in questi anni, in cui si è sdoganato quasi tutto, restano un fumetto scomodo e disturbante, con cui nessun editore si confronta volentieri. Eppure, a mio modesto parere, lasciano al lettore qualcosa in più rispetto a tanti romanzi blasonati; come spesso accade per tutte quelle opere dell'ingegno umano che hanno il coraggio di sbattere in faccia al pubblico i paradossi, le contraddizioni, e i lati oscuri della nostra natura. Al prezzo della sgradevolezza ci consentono di conoscere meglio noi stessi.


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