Un fumetto in biblioteca: Jacovitti e la satira del fascismo

"Eia Eia Baccalà" è un interessante volume di grande formato che riprende i "fumetti fascisti" di Benito Jacovitti, forse il più grande fumettista comico italiano, tenuto perfino un po' a margine del canone del fumetto italiano rispetto al suo reale rilievo, proprio a causa della sua mancata adesione al mainstream progressista. Jacovitti usava spesso i suoi fumetti per esprimere le proprie opinioni politiche, nel filtro di una satira surreale. Forse, proprio in occasione del 25 aprile i suoi fumetti sono da riscoprire: gli esordi nell'ambito di un "fumetto fascista" che andrebbe pure indagato, in chiave critica, per comprendere il periodo, ma soprattutto la caustica satira all'indomani della caduta del regime, impietosa verso ogni ipocrisia (vedi anche la bella vignetta ripresa in copertina, che è rivelatrice di certo spirito italiano d'opportunismo fascista e, poi, antifascista).
Jac non è mai stato acquiescente col regime: il volume citato ci riporta innanzitutto l'abbozzo de "I tre re", dove un duca pelato vuole sostituirsi ad un comico re inetto. Sembra che lo stesso Pavolini abbia espresso i suoi dubbi a Jac, che comunque sospese la storia dedicandosi alla più propagandistica "Pippo e gli inglesi" (1940), primo capitolo dei suoi fortunati personaggi, il trio PPP, Pippo Pertica e Palla, che in seguito avranno avventure meno politicamente schierate (fanno il paio col ben più fortunato Tintin di Hergé, che anch'egli inizia in quel tempo le sue avventure con una avventura "nel paese dei Soviet", carica di satira anticomunista efficacissima quanto feroce).
Quasi per riequilibrare, in seguito però, cambiate le cose, Jac fa svolgere ai 3P una avventura in cui si confrontano con Flitt, dittatore eviente parodia di Hitler, seguita da Pippo e la pace. I paesi in guerra sono Topogna e Gattova: Jac anticipa di fatto la metafora di Art Spiegelman nel suo capolavoro Maus, tanto più che un raiss pseudo-nazista ha la forma di un gatto, e le due nazioni hanno la forma di un gatto nelle cui fauci sta incastato un più piccolo staterello a forma di topo.
Il capolavoro di questo Jac politico, a lungo "censurato" (nel senso di non ripubblicato, per timore di grane...) è però "Battista il fascista", che lo stesso
Jac definisce "satira reazionaria". Un sarcasmo caustico e affilato che in verità fustiga a sangue il fascismo, ma anche le opportunistiche svolte acrobatiche operate da molti dopo il 1945. Pagine a fumetti che ricordano non poco certi passi del Guareschi cartoonist, come le strisce (un po' sacrificate nella stampa) dedicate al "Paradiso sosvastico", che accomuna nella condanna nazismo e stalinismo, protagonista esclusivo quest'ultimo di un capolavoro grafico quale il mazzo delle carte del 1951, che tramite i semi dei tarocchi satireggia il mondo sovietico e i suoi sostenitori italiani.
Anche a Mondovì, nella recente orazione del 25 aprile, si sono citati autori appartenenti all'umorismo e al fumetto: Giovanni Mosca, altro autore del "Candido" (ed altro), e la satira pur a volte eccessiva di Charlie Hebdo, mai tenera (per usare un eufemismo) coi fascismi di ogni risma; dimostrando come la satira anche disegnata sia parte della nostra tradizione "alta", della nostra "certa idea di Europa".
Naturalmente ci sono molti autori del fumetto di idee progressiste che hanno fustigato, con la loro opera, il fascismo. Di recente abbiamo parlato di Pratt (di cui ricordiamo qui il tema antifascista esplicito in Favola di Venezia), e di Oesterheld, desaparecido ad opera del fascismo argentino. Però ci è sembrato utile ricordare che anche i grandi nomi della satira, del cartoon e del fumetto orientati alla destra liberale non hanno mancato di schierarsi contro il totalitarismo nero.