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venerdì 28 Marzo 2025     Accedi

Tra Rap e Cantautorato: Dutch Nazari da Padova

É uscito da un paio di mesi Amore Povero, ne abbiamo parlato con l’autore e siamo andati a sentire il suo live torinese.

Venerdì sera si sono esibiti al Csa Murazzi di Torino Dutch Nazari e Sick et Simpliciter, rispettivamente rapper e producer patavini, freschi della pubblicazione di Amore Povero (2017, per Giada Mesi), album che stanno portando in tour in tutta Italia. Live convincente e coinvolgente, che conferma la qualità della coppia, e impreziosito dall’apertura di Sfera & Serenase (duo genovese da tenere d’occhio), dal breve reading del poeta Alessandro Burbank, e sdai featuring con i compagni di crew (Massima Tackenza) Wairaki e Mekoslesh.

Il giorno prima ho avuto il piacere di fare qualche domanda a Dutch:

Qual è stato il tuo imprinting musicale, prima ancora di cimentarti con il rap?
Le mie influenze si possono riassumere in sostanzialmente due filoni: la canzone d’autore italiana che si ascoltava a casa mia e l’hip-hop underground, che ho scoperto a quattordici anni e di cui mi sono subito invaghito. Nell’ultimo periodo ho ripreso il cantautorato, colmando alcune lacune e approfondendo artisti come Tenco, Dalla e Paolo Conte.

C’è stato un momento in particolare in cui ti sei reso conto che la musica non sarebbe stata solo un passatempo nella tua vita?
In realtà non me ne sono ancora reso conto.

E chi sarebbe oggi Dutch Nazari se non fosse diventato un rapper?
Non saprei. Ho portato a termine il mio corso di studi laureandomi in giurisprudenza, ma sinceramente non so.

Cinque dischi fondamentali per te?
Che domanda. Premettendo che cinque sono pochi e se volessimo parlare di dischi potremmo starci un giorno intero, ci provo dai: sicuramente Mister Simpatia (2004) di Fabri Fibra, il disco con cui ho scoperto il rap, poi Di Vizi di Forma Virtù (2008) di Dargen D’Amico, che per me è stato illuminante, la dimostrazione che in Italia era possibile fare rap di qualità lasciando da parte il livore e la rabbia che sembravano elementi imprescindibili del genere. Microchip Emozionale (1999) dei Subsonica è stato un album segnante, in cui tutte le canzoni sono ugualmente riuscite e belle: ecco, penso che fare un lavoro così sia l’ambizione di ogni artista. Per quanto riguarda l’hip-hop americano dico My Beautiful Dark Twisted Fantasy (2010) di Kanye West, e il quinto potrebbe essere Racine Carrée (2013) di Stromae, riuscitissima combo tra cantautorato ed elettronica. Ma ripeto, cinque sono veramente pochi.

Che idea ti sei fatto della scena ‘indie’ italiana salita agli onori della cronaca negli ultimi due-tre anni? Penso ad artisti come Calcutta, Motta, gli Ex-Otago, Cosmo.
Apprezzo molto tutti gli artisti che hai citato, è un filone che seguo con enorme interesse, e approfitto della domanda per aggiungere un disco all’elenco di prima: Fa Niente (2017) di Giorgio Poi, che prima cantava in inglese nei Cairobi; è il suo debutto solista in italiano e per me è l’album più bello uscito in Italia quest’anno.

E della scena trap invece che mi dici? Sta riscuotendo un successo notevole tra i giovani.
Anche questo è un movimento che seguo con grande attenzione; alcuni passaggi però mi fanno capire di non essere il target a cui quella musica si rivolge, anche per una questione strettamente anagrafica.

Dovessi indicarci il tuo preferito?
Dico Rkomi, mi è piaciuto un sacco l’EP che ha fatto uscire l’anno scorso, Dasein Sollen, l’ho divorato.

Con quale artista vorresti collaborare ora come ora ne avessi la possibilità?
Gazzelle.

Sarei molto curioso di sentire. Parliamo del disco, comincio con una domanda che più standard non si può: come mai il titolo “Amore Povero”?
Amore Povero perchè l’amore è un tema più che ricorrente ma spesso sovraesposto da artisti che ne fanno uno strumento per scalare le classifiche, come dico in ‘Proemio’: con l’aggettivo ‘povero’ volevo suggerire il senso di genuinità con cui andrebbe vissuto. Molto spesso l’amore è raccontato attraverso topoi banali e stantii che non rendono onore a un elemento centrale nella vita di ciascuno di noi: io ho cercato di descriverlo nella maniera più personale possibile, così come qualsiasi altro argomento trattato nei miei testi.

Per quanto sia il tuo primo lp, è evidente un finissimo labor limae sotto ogni profilo. Ti sentiresti di definirlo un album “maturo”?
Questo non spetta a me dirlo, certamente è il risultato di un rodaggio molto lungo: io e Sick et Simpliciter dopo 10.000 Lire (2014) abbiamo lavorato molto e molto duramente prima di ottenere canzoni che ritenessimo soddisfacenti.

Processo creativo: le basi sono perfettamente cucite sui testi e viceversa. Si può parlare di un lavoro di coppia, che vede coinvolti in ugual misura te e Sick?
É proprio così: ovviamente ognuno è addetto al suo ambito di competenza, io curo le liriche e lui le basi, anche se spesso ci sono suggerimenti in entrambe le direzioni. Io e Luca ci conosciamo da molto tempo, siamo cresciuti insieme artisticamente.

C’è una canzone di Amore Povero a cui ti senti emotivamente legato in maniera particolare?
Non una in particolare, devo dire. Ci sono diversi livelli a cui l’artista può decidere di raccontare se stesso nella sua opera, e io attingo molto dall’esperienza, nei miei testi c’è sempre qualcosa di vero. Un pezzo emblematico in questo senso è Near Venice, che a me e Sick piaceva così tanto da registrarla di nuovo nonostante fosse già presente in Fino a Qui (2016): sono storie di miei amici andati all’estero, e non c’è nulla di romanzato, pensa che qualche giorno fa a Roma due ragazzi mi hanno fermato per dirmi che conoscevano Francesco [“Francesco fa il dottorato in Olanda e tiene pure qualche classe”, ndr].

Il mondo è piccolo. Una curiosità: il Gin Jack Havana Cointreau ha un gusto accettabile o è il classico cocktail che bevi quando vuoi dimenticarti pure come ti chiami?
[ride, ndr] Pensa che l’abbiamo scoperto a Padova, fuori da un locale: io e Wairaki abbiamo visto uscire Rayan, un giovanissimo rapper nostro amico, con un bicchiere, e gli abbiamo chiesto cosa fosse. Alla risposta “gin jack havana Cointreau” ci siamo stupiti del numero di sostanze tossiche assunte contemporaneamente, ma ripetendo quelle quattro parole abbiamo notato quanto fossero musicali, e la canzone è venuta da sé. Da lì ne abbiamo bevuti diversi, e devo ammettere che con un goccio di lemon è un po’ meglio, ma non ha un sapore eccezionale: spesso ai concerti mi dicono di averlo provato e apprezzato pochissimo!

Se ti Sposassero è una storia vera?
No, è un racconto: per il discorso dei livelli che facevo prima è ispirata a elementi reali, ma non mi è mai successa per davvero un’esperienza così.

Un’ultima curiosità che mi logora da quando è uscito il disco: sul serio avevi trovato sia Volpi sia Poggi?
[ride, ndr] Sì sì, lo giuro, me lo chiedono spesso ai concerti e sì, assicuro che è vero. In realtà, per onestà intellettuale devo fare una confessione: ho un fratello maggiore con cui eravamo in società, quindi tecnicamente le ha trovate lui, ma confluivano nello stesso album. E ciò non mi ha impedito di vantarmene nel patronato.

A voi il video del nuovo singolo Dutch Nazari, Amore Povero

AmorePovero


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