SCENARI /2 La città delle liste premia i civici (e a quattro su dieci non glie ne frega niente)
Non ci sono storie, i numeri la raccontano così: conviene fare liste, conviene farne tante e conviene farle civiche. Laddove una coalizione come quella di Paolo Adriano fa il botto, tutti i partiti guardano da lontano e arrancano. Il voto dell’11 giugno a Mondovì dice questo, e non si può prescindere da questi numeri. Mondovì è una città che guarda alle liste, gli elettori votano così. Nonostante l’affluenza bassa – 62%, che secondo molti è sempre un segno a vantaggio dei simboli nazionali –, la lista piena di nomi conta più di un logo di partito.
Soprattutto, è il segno che alle elezioni comunali i partiti fanno storia a sé. Lo dimostra il PD: che alle regionali 2014 aveva fatto il 33,5%, oggi è all’11%. Lo dimostra Forza Italia: che nel 2014 era al 10%, oggi al 4%. O la Lega: che a livello nazionale sta sul 10%, ma alle comunali oggi come nel 2012 conta il 7%.
(...)
Impossibile non dirlo: per le liste della maggioranza uscente, il ballottaggio ha il sapore di una vera gara di principio fra chi segue la coerenza e chi l’innovazione, fra chi accusa i secondi di essersi venduti e chi rinfaccia ai primi di aver rotto un asse. Chi vince, dimostrerà all’altro di aver avuto ragione.
Già: ma chi vince? Che succede adesso? L’idea di apparentamenti è da escludere: Tarolli e il 5 Stelle non hanno né vogliono margini in tal senso. I due contendenti andranno al ballottaggio con i loro voti, “nudi e crudi”.
Peserà la coalizione, certo, ma peserà più la fiducia che i monregalesi daranno all’una o all’altra figura. La preside e l’avvocato se la giocheranno fino all’ultima scheda, partendo dall’idea che l’affluenza calerà ancora rispetto al primo turno. E questo, forse, è il dato peggiore di tutti. A Mondovì, una città che negli ultimi tempi sembrava invocare le elezioni come una sorta di giudizio divino sull’Amministrazione, ci sono quattro cittadini su dieci a cui non glie ne frega nulla di chi sia il sindaco.