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sabato 25 Gennaio 2025     Accedi

Una chiacchierata su Versopolis, ovvero la poesia come arte dell’incontro

Versopolis è un progetto europeo, vivo da tre anni e rinnovato per altri quattro, che promuove giovani poeti dando occasione di viaggiare e farsi conoscere in una rete di festival europei. La nostra Valentina Colonna ci parla di questa realtà, grazie alla quale è stata ospite a due festival letterari in Germania e Austria.

Paolo Roggero

L’esperienza della lettura, e nella fattispecie della poesia, è sempre stata, almeno nell’immaginario collettivo, un’esperienza fortemente individuale. Il poeta legge e scrive in solitudine, in un clima di perenne solitaria introspezione o di contemplazione del mondo, che si riflette sempre in sé stesso. In realtà la poesia vive di scambio, di incontri, come e forse anche più di altre arti. Proprio per sostenere e offrire delle opportunità in questo senso tre anni fa è nato il programma Versopolis, sostenuto dalla Commissione Europea, da fine agosto confermato per altri quattro anni. Il progetto comprende una rivista, Versopolis
- European Review of Poetry, Books & Culture, e una piattaforma che unisce diversi festival letterari (per l’Italia c’è il Festival Internazionale della Poesia di Genova, diretto da Claudio Pozzani). Su questa piattaforma sono iscritti giovani poeti promettenti che in questo modo hanno uno spazio e una visibilità online; i direttori artistici affiliati inoltre spesso li scelgono per intervenire nei loro festival. In questo modo hanno la possibilità di viaggiare, incontrare e conoscere altri artisti, provenienti da tutte le parti del mondo, e farsi conoscere, costruirsi un nome e un’esperienza di dimensione internazionale. Si tratta di un progetto che può rappresentare un'importante via per il progresso della letteratura europea. Tra i poeti iscritti sulla piattaforma c’è anche la nostra collaboratrice Valentina Colonna, che recentemente è stata ai festival Hausacher Leselenz di Hausach (Germania) e il Literature & Wein Festival di Krems (Vienna - Austria). In una breve chiacchierata ci ha raccontato la sua esperienza e il suo punto di vista.

 

«Versopolis è una delle piattaforme che l’Unione Europea sostiene per promuovere e dare visibilità ai giovani artisti. Consiste in una rete tra alcune significative rassegne letterarie europee, in grado di creare occasioni di promozione, incontro e scambio tra autori emergenti. Attualmente nella piattaforma sono presenti più di cento poeti per tredici festival, che ogni anno propongono una selezione di nuovi autori. Io sono stata inserita nel 2016, su segnalazione del Festival Internazionale della poesia di Genova. Online sono presenti la biografia in inglese e una selezione di versi, in lingua originale e in inglese, per ciascun poeta che, se selezionato, può essere invitato da due festival per anno al massimo».

 

Tu sei stata invitata in Germania, all’Hausacher Leselenz a luglio e in Austria, al Literature & Wein di Krems ad aprile. Raccontaci come sono state queste esperienze, come si svolgono questi festival.

 

«Sono state esperienze bellissime e piene di emozioni. L'accoglienza e l'organizzazione straordinarie. Agli autori di Versopolis solitamente è dedicato un reading internazionale, in cui giovani voci di diversi Paesi si trovano a confrontarsi su uno stesso palco, unite dallo stesso amore. C'è da dirsi però che parte integrante di tali manifestazioni è il periodo precedente all'evento in sé, ovvero quello di lavoro dei traduttori  e degli autori insieme a loro. È infatti grazie a loro che il tutto è possibile, e grazie anche agli interpreti che, durante l'evento, eliminano l’eventuale ostacolo della lingua, mettendo in stretto contatto il pubblico con l'autore. Una volta lì, si viene presentati e ha inizio il reading, in lingua originale e del posto. Bellissimi sono poi i momenti che ruotano attorno all'evento: lo scambio, la conoscenza, la condivisione di spazi nuovi e momenti conviviali con altri artisti»

 

Quindi il pubblico ha la possibilità di leggere la traduzione in tempo reale?

«Assolutamente sì. Versopolis realizza per ogni festival pubblicazioni trilingui (nella lingua del posto, originale e inglese) di ciascun autore, edite da un editore locale. Il pubblico può dunque seguire il testo in cartaceo, contemporaneamente all'ascolto del reading multilingue, dove il traduttore stesso o attori intervengono a leggere le traduzioni. L’esperienza del festival in sé è ovviamente interessantissima: si incontrano autori di altre parti del mondo, si visitano posti nuovi, li si vive con una complicità, una solidarietà naturali e piene di curiosità nel gruppo di Versopolis, dell'organizzazione e dei traduttori. L’esperienza più sorprendente di tutte però secondo me è proprio il lavoro che si fa con il traduttore, che lavora per rendere ogni sfumatura della scrittura, attraversandola con molto amore, facendola sua, riscrivendola. Si crea così un rapporto molto forte, che cresce anche con la necessità di sentirsi spesso per chiarire un dubbio, appianare una difficoltà nella comprensione e resa del verso. Questo costringe a ripercorrere e riscoprire, anche in maniera del tutto nuova, il proprio lavoro, le proprie intenzioni. È come guardarsi allo specchio, in un certo senso».

 

Chi sono i tuoi traduttori?

 

«Ho avuto la fortuna di essere tradotta, per questi due festival, da due traduttori meravigliosi, che sono diventati figure di riferimento e familiari nel mio quotidiano: per l'Austria da Ruth Karzel e per la Germania da Francesco Micieli. Ruth, viennese, vive a Berlino; Francesco invece, nato in un'isola arbëreshe della Calabria che ha lasciato da bambino, risiede a Berna. Le loro storie sono assolutamente affascinanti. Ho instaurato un rapporto bellissimo con loro. Ricordo telefonate interminabili con Ruth, con cui, partendo da una parola, finivamo a parlare di tutto, dei massimi sistemi. Con Francesco gli scambi telefonici restano molto vivi ed è sicuramente una delle guide nel mio cammino di vita e di scrittura. I traduttori sono fondamentali per Versopolis e per i giovani che ne fanno parte. Il primo contatto che il festival si occupa di creare è proprio con loro, che sono in grado di rendere la parola intelligibile ed efficace "fuori casa"».

Valentina con la traduttrice Ruth Kartzel

 

Insomma il primo fine di Versopolis è rendere possibile l’incontro, prima ancora dell’incontro in sé, facendo modo che i testi e il lavoro di tutti possano essere comprensibili al di là delle barriere linguistiche culturali, con un lavoro di indagine, conoscenza e approfondimento che prepari il terreno poi all’incontro vero e proprio.

 

«Direi proprio di sì. Partecipare a un festival della rete di Versopolis è come avere davanti una piccola fotografia del mondo e della poesia. Ci si confronta con scrittori di altre culture e di altri Paesi, con tradizioni, metodi di lavoro, stili tra loro molto vari. Sono raccolte varie sfaccettature della poesia, non rappresentando uno stile maggioritario o "prevalente" ma semmai evidenziando la ricchezza della varietà. Affascinante è vedere come si combinino insieme scritture e modalità performative tra loro diverse e decisamente interessanti: ho potuto godere della lettura di Semier Insayif (che nei suoi testi musicalissimi inserisce addirittura il canto armonico) come della poesia elegante e ironica di Indré Valentinaite e di moltissime altre».

 

Com'è il rapporto con il pubblico che hai incontrato a questi festival.

 

«Ho il ricordo di un rapporto bello e intenso con il pubblico austriaco e tedesco, nonostante non potessi comunicare direttamente nella lingua locale. Un pubblico abbastanza numeroso e molto attento, curioso e vivo. Ciò che mi ha colpito in genere della gente e degli autori (non solo di Versopolis) è stato il senso dello humour, della risata: negli eventi a cui ho assistito, anche in quelli strettamente di Versopolis, non mancava mai il riso. Ricordo il dialogo tra autori e pubblico in una partecipazione viva, non timorosa di ridere, di raccontare la letteratura e sé stessi anche con il sorriso (cosa che a volte, almeno qui in Italia, viene associata spesso solo al cabarettismo o a qualcosa di "non serio"...)».

 

Qual’è secondo te la qualità più importante che può offrire un’esperienza come Versopolis?

 

«La condivisione e il confronto "oltre il confine", in uno sguardo ampio dell'arte e della vita. Spesso si corre il rischio di concentrare lo sguardo prettamente a livello "locale", evitando così il confronto con quello che è il resto del mondo e perdendo di vista il centro della questione, che non ha Paesi di appartenenza. Certamente a favorire la chiusura talvolta di un'arte su sé stessa è anche la questione linguistica, essendo la poesia diversa dalla musica ad esempio, che è un linguaggio universale. Versopolis è sicuramente una grande opportunità per un giovane autore, perché permette di varcare il confine proprio con la propria arte. Credo che, al di là di questa piattaforma, il viaggio sia un’esperienza necessaria per chiunque e, a maggior ragione, per un artista. Occorre essere cittadini del mondo, saper sollevare lo sguardo oltre il proprio giardino, guardare altrove, sbirciare negli altri Paesi e immergercisi, per essere più utili, specie in questo mondo e al giorno d'oggi. Questo è un elemento determinante e obbligatorio nel percorso e nella crescita di un individuo: ci si accorge, potendo viverlo, che il dialogo tra culture è possibile e fondamentale. A volte la tendenza è quella di chiudersi esclusivamente in casa a studiare (assolutamente fondamentale ma non sufficiente!). Secondo me è indispensabile vivere il più possibile "a pieno", non perdere di vista la realtà nella sua ricchezza e nella sua ampiezza. Indispensabile è per questo la condivisione, senza limiti geografici e culturali. Tutti questi elementi arricchiscono l'individuo e vengono inglobati nell'arte, che non è estranea al vissuto: esso è semmai il suo nutrimento che, se confinato esclusivamente al giardino sicuro e conosciuto, nel tempo finisce per diventare povero, sterile».


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