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giovedì 16 Gennaio 2025     Accedi

Intervista a Cutter

Disegni affilati come lame: Cutter è il nome d'arte di un giovane artista che ci ha molto colpito con le sue opere. Qui alcune domande per conoscerlo meglio...

Lorenzo Barberis

Cutter è un giovane illustratore i cui disegni, affilati come lame, ci hanno colpito in modo particolare. Da qui l'idea di questa intervista: qualche domanda e qualche immagine per farvi conoscere meglio l'autore, che trovate anche sul suo sito, http://www.cutterslab.com/ 

Come nasce il tuo percorso artistico, e perché il nome Cutter?

Partiamo dal nome. Nel periodo in cui mi divertivo a dissezionare sample dai dischi per creare le mie tracce audio, avevo l’esigenza di un nome da battaglia nello stile degli street artist. Ne ho cambiati diversi, alla fine è rimasto Cutter (taglierino), che comunque lega concettualmente con quel che faccio: tagliare e ricucire elementi del mio immaginario, nella doppia veste di chirurgo/macellaio.
Il percorso artistico include invece un’adolescenza passata chino sugli esercizi di ornato al liceo artistico.
Poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze e infine a Bologna, dove ho gettato le basi della mia poetica attuale. Agli esordi dipingevo su grandi tele; gradualmente iniziai a prediligere i format dell’illustrazione e del disegno, a me più congeniali.

Una cosa interessante del tuo lavoro è la mescolanza di riferimenti dell'arte occidentale con quelli dell'anime e del manga. Come nasce questa scelta?

La stilizzazione grafica di manga e affini è fortemente radicata nella cultura pop, ma allunga le propaggini nella storia dell’arte antica e moderna. Tempo fa sperimentai un innesto tra le due componenti, dividendo a metà lo spazio pittorico: figure manga patinate in un lato, action painting nell’altro.
Negli anni ho affinato la tecnica e lavorato di sintesi, ma la suggestione alla base è rimasta invariata. La mia ricerca è orientata alla contaminazione reciproca tra linguaggi (apparentemente) molto distanti: ciò che emerge dal contrasto è una sorta di perturbante falso pop, dove l’estetica orientale stabilisce presto un contatto con l’osservatore, per poi introdurlo a differenti chiavi di lettura.

 Nonostante temi anche piuttosto inquietanti, sembri preferire colori molto vivaci ed accesi. Perché?

Ho abusato serenamente del colore fin dai miei esordi, in un’ottica di sovraccarico scientifico. Oltre ai vari espressionismi ricalcati durante gli anni dell’accademia, cultura lisergica, cinema di serie Z, copertine di dischi death metal, fanart, camp e strane fanzine hanno contribuito a indirizzare la mia pittura verso un eccesso cromatico. Poi ho scoperto le rappresentazioni pittoriche delle divinità hindu.
Ho dipinto una tela che raffigurava la dea Kālī, probabilmente la paziente zero alle origini di tutto il mio materiale.

Quali sono le tue ultime ricerche visive, o comunque quelle a cui tieni di più?

Dopo una recente visita alla città antica di Ostia (uno dei siti archeologici più grandi del pianeta), ho iniziato una serie chiamata “Iraganetik” (in basco: “dal passato”). Si tratta di lavori a china, bianco e nero occasionalmente squarciato dal rosso acrilico. In molti miei disegni ricorrono anfore e dolie (dal latino dolium), manufatti che richiamano la mia fascinazione verso l’archeologia: l’area di Ostia antica ne è letteralmente farcita! Per adesso continuerò a sondare territori chiaroscuri e Piranesiani, finchè ne avrò abbastanza.
I lavori a cui tengo di più sono quelli su cui ancora non ho messo mano. Ho le idee abbastanza chiare al riguardo, ma sono lento come un pachiderma nella messa a punto. Nel frattempo tali idee si raffinano, mentre continuano a marinare.

Per concludere: mi hanno molto colpito i tuoi recenti lavori collegati alle "synth session". Di cosa si tratta esattamente?

Il progetto Synth Session ha origine dalle performance del producer e dj Dire T (Alessandro Tammaro), in collaborazione con Andrea Genito (An3) e Riccardo Ferrara (Mu), riuniti nel frattempo sotto l’egida dei The Multiple Masters. L’anno scorso Alessandro mi ha proposto di realizzare un intervento di live painting durante una di queste sessioni. Ho accettato di buon grado, e ne è venuta fuori una lunga e densa performance, trasmessa in diretta streaming via facebook tramite un iPhone, montato su un supporto che si muoveva in loop su tutto il campo d’azione. Sostanzialmente il mio contributo alle Synth Session consiste nella creazione estemporanea (a partire da uno studio) di un disegno/dipinto, sotto l’influenza della musica altrettanto improvvisata dei The Multiple Masters. Abbiamo ripetuto l’esperimento varie volte, tra Roma e Napoli, e stiamo provando a promuovere il format su differenti canali. L’esperienza sensoriale è curata nei minimi dettagli, a partire dall’ingegneria acustica fino alla produzione dei visual.

La considero una perfetta evasione dalla mia routine, dove un disegno mi porta via anche settimane: qui in poche ore tutto deve essere concluso, e questo mi porta a cambiare radicalmente l’approccio a supporto e materiali. Se il risultato non mi piace, posso sempre riciclarne le parti per i prossimi lavori, sezionandole col cutter.

*

Ringraziamo di cuore Cutter per la sua disponibilità, rinnovando l'invito ad apprezzare le sue opere sul suo sito: http://www.cutterslab.com/


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