L’arte di “mogg in Stazione”, un labirinto di idee
“mogg”, rigorosamente con la minuscola, è l’acrostico che rimescola le iniziali di due giovani autori del cuneese che sono confluiti in questa particolare unità artistica: Michelangelo Giaccone e Giulia Otta. La loro recente mostra monregalese (un deciso successo di pubblico, a giudicare dalla folla dell’inaugurazione) sfrutta per la prima volta alcune sale della stazione ferroviaria di Mondovì a scopo espositivo.
Il primo elemento che colpisce il visitatore è la sala con esposti dei cartelloni dedicati alle lettere dell’alfabeto, simili a quelli in uso nelle scuole elementari: per ognuno di questi c’è una parola che inizia con quella data lettera e una illustrazione. Solo che, semplicemente, parola e immagine non corrispondono. “A come Acconciatura”, ad esempio, corrisponde all’immagine di una nuvola; “B come Bosco” è rappresentato da un segmento di tubo, e così via. Il tutto produce un vago straniamento surreale, che costringue a guardare con occhi diversi le altre sezioni della mostra. Sia le parole, sia le immagini incongruenti corrispondono difatti a temi ricorrenti nelle opere dei mogg: tuttavia l’associazione è di tipo libero, e lasciata aperta al lettore: sarebbe quindi inutile darvi una chiave di lettura che, tra l’altro, risulterebbe una sorta di spoiler (si può parlare di spoiler per una mostra? In questo caso, forse, sì).
Segue una sala con una serie di piccoli ritratti che ci introducono i personaggi ricorrenti delle opere che ritroveremo nelle due sale successive, ciascuna di un differente formato: una a lunghissimo sviluppo verticale, con tanto di scaletta per esaminare i dettagli più in alto; una circolare, dedicata in particolare alle damine del Settecento; una a sviluppo orizzontale, e una tridimensionale, un piccolo teatrino. Opere complesse, stratificate e potenzialmente ampliabili di continuo (l’opera verticale è stato realizzata nel corso di un anno, e potrebbe proseguire ad infinitum), dove troviamo personaggi e oggetti che abbiamo trovato nelle due sale precedenti, a stabilire complesse e surreali relazioni tra loro.
Si aggiunga anche il fregio, puramente testuale, che percorre tutti gli spazi interessati alla mostra, rielaborando ancora una volta le mogg keywords in un testo invece che in un’immagine, con un procedimento per il resto identico. Non manca nemmeno una sala dedicata alla proiezione di un video, dove i mogg ritagliano ripetitivamente i pesci di carta che ricoprono il pavimento della sala: il pesce stilizzato del resto è un altro archetipo mogghiano. Insomma, lo spettatore non può fare a meno di perdersi in questo intrico fittissimo di immagini sia rimanendo affascinato dalla pura, semplice potenza visiva dell’affabulazione visiva, sia cercando una chiave di lettura che fornisca una impossibile uscita dal labirinto.
La mostra rimarrà aperta fino al 18 marzo, presso la Stazione di Mondovì, il venerdì (18-22), il sabato (10-13, 15-21) e domenica (10-13, 15-19) e vale davvero una visita.