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martedì 10 Dicembre 2024     Accedi

Impennate e abiti talari: la Benedetta Follia di Verdone

L'autore romano gioca con gli opposti, e questo mix letale ha tutte le premesse per sbancare il botteghino.

Giovanni Rizzi

L'ARTICOLO POTREBBE CONTENERE SPOILER

TRAMA

La vita di Guglielmo viene stravolta quando la moglie Lidia, nel giorno di anniversario di matrimonio, gli confessa di essere innamorata di un’altra donna e di volerlo lasciare. Nei mesi successivi Guglielmo continua a sperare in un ripensamento della moglie mentre porta avanti il suo negozio di articoli sacri seguendo, una noiosa routine. Finchè in un giorno come tanti piomba in negozio Luna, aspirante commessa bisognosa di lavoro. Esuberante e assolutamente inadatta al lavoro, viene in circostanze rocambolesche ugualmente assunta, cambiando così le abitudini di Guglielmo.

https://www.youtube.com/watch?v=6wYHsEp5uU4

I termini “benedetta” e “follia” sono in contrapposizione, quasi un ossimoro, ma in questo caso assolutamente complementari e in qualche modo funzionali. Se da un lato abbiamo il personaggio di Guglielmo, misurato e ruffiano per obblighi lavorativi, dall’altro troviamo Luna, spontanea e sensibile, emblema di una gioventù impulsiva e caotica, in cui il protagonista si imbatte con rammarico e nostalgia, ripensando alla sua giovinezza rinnegata e ormai persa. Le differenze tra i due i personaggi non fanno inesorabilmente che attrarli, ma ovviamente non senza contrasti, diverse generazioni li dividono, nonché le proprie abitudini consolidate, lo scavalcamento di quest’ultime consentiranno ai due interpreti di trovarsi sulla medesima lunghezza d’onda, e il connubio dei due aspetti differenti saranno di beneficio ad entrambi.

Verdone ha affrontato svariate volte in passato il tema del confronto generazionale, qui l’attenzione si focalizza sull’aspetto più protettivo, i due personaggi si avvicinano  fino a prendersi cura l’uno dell’altro, opposti che corrono in soccorso della controparte per colmarne le lacune. Entrambi costretti a far fronte ad una mancanza affettiva: assenza di una figura paterna per lei e necessità di superare il trauma di un matrimonio fallito per lui, scopriranno che la ricetta per la risoluzione dei loro problemi si trova nell’altro, agli antipodi di loro stessi.

L’elemento folgorante nella vicenda è rappresentato da un paio di sequenze dai contenuti psichedelici, in cui Guglielmo guardandosi allo specchio si trova di fronte l’Io del passato. c’è molto cinema americano in questo, il tema dell’uomo di mezz’età deluso dalla vita e dall’aver rinnegato i propri sogni, è stato infatti utilizzato spesso oltreoceano, qui Verdone lo mischia con le atmosfere nostrane, seguendo i canoni della commedia italiana e il suo stile ampiamente collaudato, non mancando una strizzatina d’occhio però alla comicità alla Sacha Baron Cohen.

Molta della fortuna di Verdone è arrivata dalla costruzione dei personaggi, fin dai primordi presi in prestito dalla realtà e dal quotidiano e parodiati, lasciandogli comunque sfumature malinconiche in grado di far riflettere. Ma se in passato questa peculiarità ricadeva soprattutto sul mondo maschile, adesso sono le donne ad essere prese di mira; Guglielmo è un personaggio che ci lascia divertire, ma senza essere una macchietta, contrariamente alla fauna di aspiranti partner: troviamo la malata di sesso e l’alcoolizzata, nonché l’ipocondriaca, scimmiottando in qualche modo quella che è stata per diverso tempo una debolezza di Verdone stesso. Un film con moltissime interpreti femminili, che ruotano intorno all’unico perno maschile Guglielmo, saranno per lui inevitabilmente disperazione, speranza e salvezza.


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