Vi racconto com’è nato il cinema – “Cercando il Cinema”: Giuseppe Filippi
Montanera, una manciata di chilometri quadrati di campagna per 700 abitanti, qualcuno in più magari verso fine ‘800, ma indubbiamente imparagonabili ai già milioni di parigini dell’epoca. Eppure tra i 33 che assistettero alla prima proiezione dei fratelli Lumière al Grand Café del Boulevard des Capucines di Parigi il 28 dicembre 1895, c’era un montanarese: Giuseppe Filippi. La sua vita è ora raccolta nel documentario “Cercando il Cinema: Giuseppe Filippi” diretto da Giancarlo Baudena. Ma prima conosciamo meglio il protagonista della storia. Filippi nasce a Montanera appunto, il 25 novembre 1864, frequenta il seminario di Mondovì fino alla maturità liceale, per poi accettare l’impiego di ufficiale postale, inizialmente a Cuneo e poi a Milano. Nel frattempo coltiva la sua passione per la fotografia, che lo porta a divenire socio della Società fotografica Lombarda, consentendogli di stringere amicizia con Vittorio Calcina, agente per l’Italia della Società Auguste Lumière. Attento a tutto quello ruota attorno alla fotografia, Filippi non poteva resistere al richiamo della nuova invenzione dei fratelli Lumière, partecipa così alla prima proiezione cinematografica. Entusiasta da ciò che ha visto convince Calcina a portarlo agli stabilimenti Lumière presso Lione, dove si intrattiene per alcuni giorni e collaborando al filmato “L’innaffiatore innaffiato”.
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Grazie alla sua capacità nel maneggiare apparecchi fotografici ottiene in consegna, dal marzo 1896, una delle macchine inventate dai Lumière divenendone operatore ufficiale autorizzato, il primo in Italia. Comincia così la sua avventura itinerante che ha come base di partenza Milano, dove effettua la prima proiezione sul suolo italiano, per poi arrivare a girare la prima pellicola prodotta nello stivale e intitolata “Bagni Diana”. Il suo spettacolo è richiestissimo in ogni regione del paese, tanto da suscitare l’interesse di Papa Leone XIII. Col passare dei mesi però aumenta la concorrenza dei cosiddetti baracconi ambulanti, che costringono Filippi a emigrare in Brasile per cercare fortuna in un territorio dove il cinema è già esistente ma con ritmi più blandi rispetto all’Europa. Nel 1905 rientra in Italia in seguito alla perdita della moglie, dell’esperienza sudamericana spicca il successo del film ”Hecatombe de Martinica”. Dopo alcuni anni a Torino si trasferisce a Nizza dirigendo teatri e spettacoli, per poi rientrare definitivamente a Sangano. Nel 1955 il paese è in festa, Sophia Lorèn decide di far visita all’ormai anziano operatore: “Il vecchio Papà del Cinema e la giovane stella che il cinema ha reso celebre, teneramente si abbracciano, mentre i popolani storditi applaudono attoniti”. In queste parole del cronista della “Gazzetta del Popolo” avviene il commosso congedo di Filippi da quella sua parte di vita, il cineoperatore si spegnerà il 3 giugno dell’anno seguente.
Filippi con Sophia Loren
Baudena ci porta alla scoperta di un personaggio, che nonostante la straordinarietà della sua vita, è andato perso nelle pagine del tempo. Ma il fascino della ricerca vive anche di questo: del difficile reperimento del materiale, e del duro lavoro di ricostruzione biografica, che mette alla prova la tenacia e la pazienza del documentarista, mossa però dall’inestinguibile fuoco della passione. Lo stesso fuoco che è dentro agli appassionati di oggi come lo fu allora per Filippi, e che ha permesso a pionieri come lui di creare quel sogno chiamato cinema. Sono proprio i contemporanei intervistati: familiari, critici, operatori e proprietari di cinema a portare avanti con trasporto, tramite le loro parole, il discorso riguardante l’immagine in movimento, imbastito dai cineoperatori ad inizio secolo ed evolutosi nel corso del novecento. Un film che trasuda sentimento, riconoscenza e nostalgia, tanto che è il regista stesso con le sue parole e il suo volto ad accompagnarci in questo viaggio a ritroso, dalla campagna cuneese alla Bella Époque parigina, dove tutto è iniziato. I caffè dell’epoca, luoghi di cultura e aggregazione, ci aiutano a percepire di quanto sia mutata la funzione del cinema nel corso di tutto questo tempo. Il documentario infatti non si limita a parlarci di Filippi, ma da lui trae spunto per approfondire il discorso su numerose tematiche decisamente attuali, come appunto la parabola discendente del cinema da intrattenimento collettivo a casalingo. Difficile oggi immaginare le prime proiezioni sperimentali organizzate in luoghi di ritrovo, anche molto raffinati come i caffè culturali, eppure il cinema che oggi entra nelle case e nei cellulari è nato così. Agli operatori ambulanti Lumière è andato poi il compito di diffonderlo fino a trovare una prima stabile collocazione nei teatri e infine nelle sale come oggi le conosciamo. La concorrenza della TV dagli anni ’50 ha parzialmente limitato l’attiva dei cinema, che solamente nell'ultimo periodo ha avuto un tracollo evidente. Il progredire della tecnologia ad uso domestico e della qualità visiva a basso costo, ha portato il pubblico a rinunciare all’esperienza in sala, deviandolo verso un più comodo e intimo in intrattenimento casalingo, dissociativo e alienante, svolgendo la funzione opposta al compito che l’invenzione dei Lumière si preposta a svolgere. Il cinema è mutato, anche nella sua struttura fisica, dal 2014 è infatti d’obbligo l’utilizzo della pellicola digitale, ponendo così fine all’era della celluloide. Naturale, parlando di Filippi che proprio grazie alla fotografia si era avvicinato ai Lumière, occuparsi dell’argomento. La fotografia è alla base del cinema, e lo sviluppo su pellicola la sua naturale esposizione, tanto da divenirne l’emblema riconosciuto assieme alla cinepresa dell’oggetto film. Questo passaggio ha inevitabilmente condotto verso la definitiva fine i produttori di pellicole, il documentario ci porta all’interno di uno degli ultimi laboratori, un racconto dal sapore nostalgico che ci aiuta a comprendere come molta di quella magia portata in giro da Filippi si sia esaurita. Il documentario è impreziosito dalla presenza di un’originale macchina da presa Lumière, attorno alla quale attori e comparse si prodigano in sequenze di ricostruzione storica, dove vediamo Filippi intento ad immortalare il quotidiano, in quella forma d’arte che è l’osservazione, che tramite questo mezzo consente all’attimo di diventare eterno.
Giuseppe Filippi