Sulla Luna con Neil: First man
Fin dagli albori il cinema è stato affascinato dalla conquista dello spazio, già nel 1902 Georges Meliès lanciò con un lunghissimo cannone, i suoi cosmonauti in giacchetta e panciotto verso il nostro satellite, nel famosissimo “Viaggio nella Luna”; gli audaci fecero ritorno semplicemente compiendo un balzo verso la terra. Possiamo perdonare al maestro delle attrazioni qualche ingenuità e lacuna di fisica, d’altronde l’invenzione dei fratelli Wright era ancora da venire, e la conquista dello spazio solamente materia per la fantasia. Ben altre basi scientifiche hanno reso possibili le missioni Apollo e Gemini, ed è incredibile pensare come i lenti passi della conquista scientifica abbiano poi visto un’accelerazione così vistosa, che ha portato l’uomo dal non riuscire a staccare un veicolo dal terreno, a proiettarlo oltre l’orbita terrestre, in poco più di 60 anni.
TRAMA
La corsa allo spazio tra Stati Uniti e URSS vede in grande vantaggio i sovietici. Agli americani perse le battaglie non resta che vincere la guerra, ovvero raggiungere per primi il suolo lunare. A seguito della morte della figlia piccola, l’astronauta Neil Armstrong decide di partecipare alle missioni Gemini, apripista delle Apollo, siamo nel 1962 e la Luna è ancora molto lontana.
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Se c’è una frase che può fornire una buona chiava di lettura, questa può essere:” Dobbiamo fallire quaggiù per non fallire lassù”, pronunciata da Ryan Gosling alias Neil Armstrong dopo un test andato male. La misura della portata dell’impresa viene indicata dalla quantità di fatica e lavoro necessari, andando a braccetto coi conseguenti sacrifici e le drammatiche perdite. Una ricerca della perfezione a tutti i costi, vista come raggiungimento di un obbiettivo finale, raffinata da una cura maniacale del dettaglio e portata fino alla forma di ossessione. Ma la volontà di conseguire il risultato a tutti i costi, qui va oltre la dedizione alla scienza, assumendo la valenza curativa del superamento di un trauma, un modo per evadere e tenere la mente occupata da esso. Il trauma in questione è la perdita della piccolissima figlia, motore della vicenda, che viaggia sotto traccia lungo tutta la durata del film. Un argomento che ha spinto Armstrong a partecipare al programma Gemini, ma di cui non bisogna parlare, destinato a riaffiorare solo nei lunghi silenzi, ma presente costantemente. Respinto e mai elaborato, è un pensiero tacitato e rinnegato, più complesso della stessa missione. Armstrong lo culla segretamente nel suo animo, e il duro e lungo processo lavorativo assume un significato espiatorio che vedrà il suo compimento con la camminata lunare. Nella contemporanea liberazione del ricordo della piccola, avviene il processo di accettazione della perdita che trasformerà la Luna in un luogo di raccoglimento, il più intimo dell’universo.
Per indagare così a fondo nell’animo emotivamente impermeabile di Armstrong, Chazelle sceglie di discostarsi dalla facile spettacolarità che un film su in impresa spaziale può fornire. D’altronde è proprio un fatto personale che spinge Armstrong verso il programma Gemini, e nonostante la portata storica occorre avere la visione più intima possibile per poter scrutare a fondo, portandoci a situazioni estreme, dove le sequenze escludono volontariamente quello che accade al di fuori, concentrandosi e stringendosi completamente sull’uomo. Egli è il fautore dell’impresa, e non la comparsa in un inevitabile processo storico. Ma il raggiungimento di essa tramuta Armstrong in un doppio: il capo missione destinato a calpestare per primo il suolo lunare e il padre assente, incapace di comunicare in famiglia. Impossibile il bilanciamento delle due parti, il bene di una a discapito dell’altra, un incompatibilità che vede giocoforza la famiglia soccombere a discapito dell’impresa. Più a suo agio nello spazio che tra le mura domestiche, Armstrong passa sopra le polemiche sessantottine e i terribili lutti, la sua esatta percezione della portata evento avviene solo nelle fasi prossime al lancio dell’Apollo 11: nel congedo dai figli, e le direttive in caso di sciagura, e nell’intera salita sulla vertiginosa sommità del gigantesco razzo, al cui cospetto la figura umana annichilisce. Questa sequenza come il primo lancio della Gemini, è vissuta dalla visuale dei cosmonauti: i sinistri scricchiolii delle guarnizioni e dei bulloni, che gli accompagnano verso il cosmo. La sofferenza delle lamiere sotto gli impulsi dell’attrito e dell’aria, ridimensionano quello stupefacente estratto tecnologia in una scatoletta in procinto di intrappolare i suoi occupanti, il cui volto è l’unico dettaglio visivo di tutto l’insieme. Il premio sarà il raggiungimento solenne della Luna e la prima passeggiata sul suo suolo, mostrata come mai in precedenza il cinema ha saputo fare.
L’altra faccia della medaglia è appunto il difficile rapporto in famiglia, il cui peso grava interamente sulle spalle della moglie, vera rivelazione della vicenda. A lei la palma del martirio, compagna di una figura ingombrante anche se assente, disposta ad un completo sacrificio, sopporta e supera con maggiore forza il medesimo trauma del marito, senza l’ausilio di una valvola di sfogo, fronteggiando anche il compito di chi rimane a terra impotente, in angosciosa attesa di notizie sulla sorte del proprio caro. Chazelle cambia registro rispetto a La La Land, la ricerca intima questa volta non può permettersi le coreografie e le atmosfere del musical, il jazz e i suoi tormenti in nota devono lasciare spazio a silenzi e dialoghi tesi; inevitabilmente la musica che tanto ha trattato finora viene ridotta all’osso e in uso solo quando serve, ma ugualmente il fedele Hurwitz riesce a renderla indimenticabile. E’ invece con Whiplash che il film si sposa maggiormente, trattando con differente misura lo stesso tema: quell’ossessione che come un germe sempre si nutre, inghiottendo tutto quanto non indispensabile al raggiungimento dello scopo finale. La sceneggiatura di Josh Singer rielaborazione della biografia sull’astronauta scritta da James R. Hansen, consente al giovane batterista Andrew di Whiplash di trovare il suo corrispettivo naturale e reale nella figura di Neil Armstrong.