Il mestiere del Buon Umore: Stanlio & Ollio
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TRAMA
1937: durante le riprese del film “I fanciulli del West”, la coppia di attori Stanlio & Ollio è all’apice del successo. Tuttavia a causa di un contratto non adeguato, e delle antipatie col produttore Roach, Stan è deciso a passare alla Twentieth Century Fox. Ma al momento della firma Oliver non si presenta, perché ancorato a un vecchio accordo che lo obbliga a girare almeno un altro film per Roach. 16 anni dopo la coppia è di nuovo insieme, ma il successo sembra ormai tramontato: malati e invecchiati cercano un punto per risalire, l’occasione può essere il Robin Hood che Stan sta preparando, ma la pellicola ha bisogno di finanziatori. Così per rilanciare le loro quote, la coppia si lancia in una tournèe teatrale nel Regno Unito.
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Ci sono innumerevoli punti da cui poter cominciare una biografia: c’è che preferisce partire dagli inizi e seguire l’ordine cronologico degli eventi, chi sceglie un momento alla fine del percorso riavvolgendo il nastro in un lungo flashback. Chi asseconda un racconto lineare e chi ne realizza uno inframezzato o mischiato. Non esiste un metodo che funziona più degli altri, come non è possibile abbandonare al caso una scelta così fondamentale. Ci sono infatti molti aspetti di cui si deve tener conto, che possono variare dalla facilità di lettura, per una pellicola pensata per scopi didattici, ad una più mossa che ne voglia esaltare il lato artistico. Dalla solidità e interesse per una storia che si regge su da sola, ad una che deve essere aiutata dal grande impegno di regia e sceneggiatura. Non bisogna dimenticare, le tematiche e gli argomenti che si vogliono affrontare, e l’umore che si vuole dare al racconto (il flashback può rendere notevolmente nostalgica una pellicola), e non ultimo quello che la moda del momento detta.
Bohemian Rapshody è stato per molti il film dell’anno, e per questo influenzerà le tendenze nell’immediato seguito, questo non riguarda però il biopic su Stanlio e Ollio, cresciuto in tempi paralleli e uscito nelle sale pochi mesi dopo. Tuttavia le due pellicole condividono il medesimo approccio alla narrazione e persino lo stesso modo di presentarlo. Entrambi i film cominciano con un piano sequenza che ci presenta gli interpreti nel percorso di avvicinamento al loro posto di lavoro, per i Queen il palco del live aid, per stanley e Oliver il set de “I fanciulli del west”. Sia per il complesso che per la coppia di attori si tratta dunque dell’apice della carriera artistica. La cinepresa che segue Mercury molto presto abbandona la sua schiena, mentre quella alle spalle Stan e Oliver continua per molto ancora il cammino con loro. Il suo compito è quello di una guida che ci porta ad esplorare uno spaccato di storia del cinema: di quando l’industria che lo muoveva tirava più dell’arte, e il destino degli interpreti era legato ai contratti e alle volontà delle case di produzione. Questo valeva anche per la coppia comica più nota del tempo, che ora continua la sua camminata, tra amichevoli scambi di battute con gli operai e l’incrocio di sguardi con le comparse, che affollano i corridoi adorni di locandine di successo e oggetti di scena: un piccolo mondo luccicante ma che nasconde molte insidie. Ad attenderli, un set già pronto e pochi istanti per prepararsi al ciak. L’attore è solo l’ultimo ingranaggio di una macchina produttiva ormai oliata alla perfezione, è come la carrozzeria di un auto che si posiziona solo al termine del processo di lavorazione, ma che è indispensabile per il successo commerciale della vettura, questo almeno finchè la moda tiene. Ma come auto d’epoca Stanlio e Ollio non tramontano mai, come non tramonta la loro comicità, anche se allora ancora non potevano saperlo.
Un tunnel temporale ci porta via dal set, ma a differenza di Mercury e soci, la sua uscita non è in un passato acerbo e assetato di gloria, ma sedici anni avanti, in un “futuro” disilluso e senile. La coppia è ancora in piedi nonostante tutto, ma i tempi non sono dei migliori: il successo è alle spalle e la salute precaria, il desiderio di ripartire forte, anche se incoccia con i teatri semivuoti e i finanziatori evanescenti. La comicità è un talento che deve combattere col passare delle epoche, e con le ombre che l’attore/uomo si porta dietro. La vita sentimentale di Stan e Oliver, notoriamente travagliata, poteva rubare ulteriore energie alle già scarse riserve, ma la coppia è riuscita a farsi forza appoggiandosi l’uno all’altro, quel tanto che bastava per restare a galla.
Se il lavoro è in crisi, Laurel e Oliver hanno saputo far buon viso a cattivo gioco, senza paura di sporcarsi le mani in tournèe tirate su per amicarsi i finanziatori. I tempi erano diversi e il continuo lavorio per tenere in piedi gli spettacoli aveva nelle marchette tra i pochi mezzi a disposizione per alimentare la promozione; scenette alle inaugurazioni dei negozi o di fronte alle scuole, erano strumenti moralmente leciti. Quel che il regista in tal senso vuole far emergere è il costante allenamento in questa attività, che passa per le gag improvvisate per intrattenere le mogli e i passanti, al continuo esercizio dei nuovi numeri nelle camere d’albergo, che sembra incredibile, a distanza di 70 anni strappano ancora una sincera risata. Il mestiere del comico attraversa una versatilità di contesti epoche e luoghi: gli slipstick del cinema muto, che tanto devono al mondo circense, hanno vissuto la loro epoca d’oro quando le pellicole hanno invaso il mondo, occupando gran parte del panorama dell’intrattenimento. Ma le cose sono sempre in continuo mutamento, e per non finire immediatamente nel dimenticatoio ci si deve adattare. Il regista ci presenta una parte poco conosciuta dei due attori, quella fase in cui controvoglia ma con professionalità si sono riadattati ad attori di teatro, dopo una quantità sterminata di film. Un’abnegazione totale, fondata sul rapporto tra i due interpreti che travalica il mero aspetto professionale per uno sinceramente umano: Stan oltre che a rifiutare altri partner continuerà a scrivere le parti per il compagno Ollio anche dopo la sua scomparsa. Un senso di appartenenza al mestiere e al compagno di lavoro, che passa sopra alle controversie e alle liti, lasciate dietro le quinte, sul palco come nella vita.