Mia mamma va matta per le mongolfiere. Qualche volta passano sopra casa sua: se lei se ne accorge, subito sorride e si sposta con la sedia a rotelle fino a raggiungere la finestra più vicina. Le guarda, le indica con il dito; se volano basse, poco più in alto del tetto, fa ciao con la mano a chi sta su nel cestello. Qualche volta lo sconosciuto risponde.
Mia mamma ha tante sfortune – così dice lei, e lo ripete tremila volte al giorno. Ma vive a Mondovì. Questa, se ti piacciono le mongolfiere, è una fortuna impagabile. Qui le mongolfiere sono di casa, sono una delle attrazioni turistiche della città, sono parte del paesaggio. Non sai mai se, alzando gli occhi al cielo, non ne vedrai comparire improvvisamente una all’orizzonte.
Mia mamma si fa portare in giro per la città ogni giorno. Dalla badante, oppure da me, da chiunque sappia usare il Montascale – altro macchinario con la M che per la sua vita è fondamentale, quasi un’appendice bionica. Come la sedie a rotelle, alla quale del resto è legato in maniera simbiotica: tipo paguro e attinia, più o meno. La sedia a rotelle non si muove senza Montascale, almeno non in verticale. Il Montascale senza sedia a rotelle è inutilizzabile, non ci si può caricare nessuno.
Insieme, invece, ti fanno scendere e salire le scale di case. Un movimento verticale come quello che fa la mongolfiera.
Forse è per questo che a mia mamma piacciono così tanto, le mongolfiere. E se ne vede una innalzarsi come una cupola araba da qualche prato di periferia, subito gli occhi le si illuminano e diventano più azzurri. E a chi le chiede, così un po’ per ridere, ma tu ci saliresti? lei risponde di sì, anche subito se fosse possibile, senza la paura che invece avrei io. Ma certamente vorrebbe scegliersi la mongolfiera, e sceglierebbe quella con la livrea più sgargiante, che si veda da lontano: e che tutti sappiano, vedendola, che lei non ha paura. E chiederebbe di salire più in alto, sempre più in alto, al di sopra dei passeri dei corvi delle gazze e dei gabbiani, magari fin dove volano le aquile.