Medico di Niella Tanaro ha seguito il recupero dell’alpinista caduto in Pakistan
La storia di Francesco Cassardo, giovane alpinista torinese caduto sabato durante la discesa dalla cima Gasherbrum VII, in Pakistan, e soccorso prima dal suo compagno di cordata Cala Cimenti, da altri quattro alpinisti stranieri e poi da un elicottero delle autorità pakistane, è stata seguita con grande apprensione in Italia: una piccola parte in questa storia l’ha avuta anche Simone Benedetto, giovane medico di Niella Tanaro, che con Francesco Cassardo ha frequentato l’Università. «Non è solo un compagno di studi, ma un amico – ha raccontato Simone, anche lui appassionato di montagna –. Siamo andati spesso a camminare insieme, in queste vallate o nella “sua” Val di Susa. Questo fine settimana ero in Molise per il matrimonio di un altro compagno di corso, e lì abbiamo saputo che Francesco, mentre era in Pakistan, era caduto “di qualche centinaio di metri” con gli sci».
Insieme al compagno di cordata Cala Cimenti, alpinista di fama internazionale, Francesco stava scalando il Gasherbrum VII, in un vallone formato da diverse montagne, alcune di queste oltre gli 8 mila metri. A differenza di Cala, non è arrivato in cima, ma si è fermato qualche centinaio di metri prima. Poi, durante la discesa, affrontata con gli sci, è caduto, scivolando per oltre 500 metri. Quando il compagno lo ha raggiunto si è accorto che era ancora vivo, ma che non poteva spostarlo, ed è andato a recuperare la tenda e il materiale per fargli passare lì la notte. Simone e i suoi amici hanno cercato di avere notizie mettendosi in contatto con il ragazzo che gestisce la pagina Facebook di Francesco, e poi con Erika, moglie di Cala Cimenti, che riusciva a comunicare con il marito attraverso un telefono satellitare. E per tramite suo sono riusciti a dare qualche indicazione su come trattare Francesco nelle prime fasi del trauma. «Soprattutto un nostro amico e collega, Daniele, che è un medico anestesista, ha potuto dare alcune indicazioni utili. Io ho dato più un supporto morale. Non essendo l’urgenza la mia specializzazione – spiega Simone, – non ho potuto fare molto di più che essere presente e sostenere le indicazioni di Daniele. Siamo stati tra i tanti che hanno dato una mano in questo difficile frangente. La mattina dopo abbiamo saputo che, nonostante la notte passata a 6.300 metri in una tenda, Francesco era vivo, e anzi, le sue condizioni sembravano migliorate. Il giorno dopo l’elicottero era impegnato in un altro soccorso sul K2, poi, per inconvenienti tecnici, non è potuto partire, così Francesco ha passato un’altra notte in quota. Per fortuna quattro alpinisti sono saliti dal campo base per recuperarlo, e sono riusciti a spostarlo fino a 5.900 metri, in una zona in cui il recupero era anche più facile». Lunedì mattina Francesco era sull’elicottero ed è stato trasportato in ospedale.
Un’impresa di alpinismo ma anche di grande generosità
Questa era la seconda spedizione in Pakistan di Francesco, che insieme a Cala Cimenti aveva già tentato un 8 mila l’anno scorso, ma causa avverse condizioni meteo non erano riusciti a raggiungerne la cima. Ma non era solo la voglia di riprovarci il motivo per cui sono tornati: «L’impresa di Francesco e Cala non è turismo, ma vero alpinismo - ci tiene a sottolineare Simone –: mentre andavano al campo base hanno portato farmaci in un piccolo paese che si trova sul percorso, dove c’è una struttura ospedaliera con un medico e un ecografo, donato da un’altra spedizione. Ma il personale del posto non sapeva come usarlo, così Francesco, che è un ecografista, mentre era lì ha visitato 15 donne incinte e altre persone, spiegando poi al medico come usare il macchinario. Durante l’altra spedizione, si erano accorti che mancavano medicine, così Francesco ha deciso di raccogliere i farmaci, che hanno poi consegnato. La sua caduta ha dato loro più risalto mediatico di tutto il bene che hanno fatto». Ma più forte di tutto ora è il sollievo di sapere che sta bene, e la speranza «che Francesco possa tornare a fare del bene e a raccontarci le sue avventure pakistane», conclude Simone.
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