Cinema: L’uomo sulla Luna… o forse no?
“Ha toccato!” “No, non ha toccato, mancano ancora alcuni metri”. Nel celebre diverbio in diretta TV tra Tito Stagno e Ruggero Orlando, sembrava già insinuarsi il dubbio che avrebbe accompagnato la missione Apollo 11 da quel 20 luglio 1969 in poi. L’uomo ha veramente messo piede sulla Luna quel giorno? La smania di Tito Stagno nel voler porre il proprio accento a un frammento storico della Tv italiana, ha anticipato il momento reale in cui il LEM veniva dichiarato posato sul suolo lunare, anche se per molti quell’evento non è mai avvenuto. Il finto allunaggio, registrato in qualche studio cinematografico, è forse l’argomento più gettonato dai complottisti, che da subito hanno scandagliato fotogramma per fotogramma i filmati in cerca di prove, assecondati da autorevoli testimonianze di esperti di fisica o politica. Il primo a mettere nero su bianco fu Bill Kaysing nel 1976 col libro “Non siamo mai stati sulla Luna", ironicamente però anticipato nel 1971, dalla più illustre spia del mondo dell’intrattenimento: James Bond, che in “007 – Una cascata di diamanti” entra involontariamente all’interno di uno studio dove si sta realizzando il finto allunaggio, smascherando subito l’arcano. Questo simpatico inframezzo ci permette di capire quanto la teoria fosse già nota, e di quanto il cinema ne era già coinvolto. D’altronde, secondo molti, la mano che diresse la messa in scena fu quella di uno dei più grandi cineasti: Stanley Kubrick, fresco fresco di “2001: Odissea nello spazio”.
Il cinema involontariamente tirato in causa, ha in qualche modo risposto a modo suo, concentrandosi da quel momento in poi più sulle argomentazioni dei complottisti che sull’esaltazione dell’evento, d’alta parte per i cinefili l’uomo è già sbarcato sulla Luna nel 1902 con l’equipaggio spedito in orbita dall’immenso razzo di Méliès in “Viaggio nella Luna”. Lo stesso Kubrick nel 1969 immaginò l’uomo del 2000 già proiettato ben oltre il nostro satellite, considerato ormai un angolo del giardino di casa. Molto più interessante in anni di contestazione, smontare una missione che odorava fortemente di propaganda e di guerra fredda. Svariati riferimenti seri e semiseri sono stati inseriti in molte pellicole che hanno sfruttato o accavallato tesi complottiste: tra di essi, sicuramente il più credibile e curato è presente in "Capricorn One" (1978), film che anzi ha diffuso ulteriormente la questione. La pellicola di Peter Hyams, non smonta direttamente l’allunaggio, dato per avvenuto, ma ne replica l’eventuale inscenata, spostando la missione dalla Luna a Marte, che risulta irraggiungibile, e quindi si rende necessaria la realizzazione di un finto filmato, che segue le stesse modalità che il complottista afferma essere state utilizzate dal governo USA e della NASA. Una presa di posizione evidente ma che non si vuole esporre completamente, aggrappata eventualmente all’estrema difesa dello spunto storico, utile per una buona trama di fantascienza. Kubrick viene tirato in causa in “Moonwalkers” (2015), ma la pellicola sembra concentrarsi sulle atmosfere psichedeliche intrise di LSD piuttosto che addentrarsi nella parte cospirazionista, incipit della vicenda. Kubrick al centro anche del finto documentario “Operazione Luna” del 2001, uscito per la televisione. Falso documentario contro falso allunaggio anche per “Operazione Avalanche” (2016) che decide di utilizzare questo mezzo per smontare le missioni Apollo, regalando qualche sorriso senza perdere in persuasione.
Fiumi di inchiostro e tonnellate di materiale da documentario negli anni hanno raccontato l’avventura di Armstrong e compagni, eppure il cinema è sembrato piuttosto freddo alla loro incredibile impresa, nonostante fin dagli albori questo tipo di vicenda fosse al centro della nascente sci-fi. Il cinema sembra essersi scordato di quel primo passo, nonostante un biopic su Neil Armstrong potesse garantire un prevedibile successo. Per vederlo si è dovuto attendere il recentissimo “First Man” di Damien Chazelle, arrivato persino dopo la sventurata epopea di “Apollo 13”, uscita nel 1995. Questo dimostra come arrivarci sia risultato meno affascinante di volerci arrivare: un aspetto che può essere letto in chiave positiva, se si apprezza il cinema per la sua propensione a guardare sempre oltre e a non smettere di sognare. Ma che può insidiosamente nascondere una paura congenita nell'affrontare in maniera adeguata, una storia diventata tanto grande, e che necessita del coraggio di qualcuno pronto ad esporsi per raccontarla per primo. Se per Armstrong quel piccolo passo è stato un istante, per il cinema è durato 49 anni.