1917: La guerra vista da Sam Mendes
TRAMA
1917, fronte occidentale. Il generale Erinmore incarica i due sotto ufficiali Schofield e Blake di consegnare al generale Mackenzie la missiva di interruzione dell'attacco previsto nel suo settore. Le comunicazioni telefoniche sono interrotte e l'unica maniera per recapitare il messaggio è andare di persona, attraversando la Terra di Nessuno ritenuta abbandonata dai tedeschi, e i villaggi in macerie infarciti di cecchini. Il compito è rischiosissimo ma di vitale importanza, l'esercito tedesco sta preparando una trappola e l'attacco inglese si ridurrebbe a una carneficina, di cui sarebbe vittima anche il fratello di Blake, presente nella compagnia di Mackenzie.
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L'orrore della guerra davanti ai nostri occhi, un immersione totale, diretta e senza filtri. Sam Mendes ci trascina nel cuore e nel fango del dramma bellico, accompagnandoci con lunghissimi piani sequenza nelle trincee e nella Terra di Nessuno, assieme ai due protagonisti. Siamo noi con loro ad a camminare nelle scavate vie del fronte, ad evitare i proiettili e a inciampare nei cadaveri. Le immagini forti ci vengono proposte in un'unica ripresa che copre l'intera durata del film, una serie di piani sequenza i cui stacchi sono abilmente nascosti al fine di mantenere la continuità visiva. Un esercizio stilistico di maestria in funzione di un realismo totalmente immersivo, supportato da una fotografia che esalta gli spazi aperti e acuisce una drammaticità, ulteriormente enfatizzata dal portentoso contributo musicale. La minuziosa ricostruzione del dettaglio scenico, la cinepresa che compie continue evoluzioni attorno ai personaggi principali i(in coordinati e complessi movimenti tra nugoli di comparse)rendono il film tecnicamente perfetto, senza che venga tralasciato il forte impatto emotivo. Una dramma collettivo capace di addentrarsi nel dolore intimo, una vicenda intenzionata a lasciare un messaggio e un suo credo ideologico. Svanisce la retorica della guerra nobilitante (emblematico il baratto della medaglia al valore di Schofield per una bottiglia di vino) in favore di un eroismo di solidarietà e sopravvivenza. Uno spirito di fratellanza che trasforma il numero dei battaglioni e le cifre dei suoi componenti, in singoli affetti, anonimi, ma sentitamente vicini. Degni persino di un sacrificio personale. In questo processo troviamo un immediato accostamento a Salvate il soldato Ryan, di sicura ispirazione per Sam Mendes, che se pur geloso dell'unicità del suo lavoro, molto deve ad altri titoli del passato.
Gli aspetti simbolici legati alla natura ci riportano al cinema di Terrence Malick, e nel dettaglio a La sottile linea rossa, dove il rapporto poetico tra la flora e l'uomo diventa simbiosi e raffigurazione. Il ciliegio, simbolicamente rappresentante il senso effimero della vita, è un albero morente quando Schofield e Blake lo incontrano sulla loro strada, ma sappiamo già grazie alle parole di quest'ultimo, che con una nuova sbocciatura presto rinascerà. Infatti lo ritroviamo in seguito completamente ricresciuto in mezzo alla desolazione della terra devastata, a ricordarci di come la natura possa sopravvivere persino a questo tipo di distruzione. Anche la resurrezione umana usufruisce di questo trattamento simbolico, la pioggia di petali fioriti bacia il ritorno alla vita di Schofield, miracolosamente riemerso dai flutti tumultuosi di un torrente. Il momento seguente è l'unico frammento della vicenda in cui il giovane riesce a vivere un attimo di pace interiore, altro aspetto simboleggiato dal ciliegio, che completa così la sua funzione metaforica. Il messaggio di speranza non passa invece dalle parole del generale Mackenzie, che la considera pericolosa, il valore umano della vita, riaffiora in una nuova nascita nel cuore della tragedia. Un neonato orfano, protetto da una giovane donna francese, trova il nutrimento grazie al latte fornito dalla borraccia Schofield. L'alimento base della vita non arriva dalla madre naturale, a testimonianza di una generazione sterminata dall'atrocità della guerra,che ha lasciato orfani i propri figli, ma da chi si è trovato ad ereditarne i compiti. Il desiderio e il conforto del focolaio casalingo, sono però un lusso per il soldato chiamato al suo “dovere”. La tentazione e la triste rinuncia "al restare" di Schofield, è pari a quella di milioni di altri uomini costretti a marciare per il fronte.
- Lo scenario bellico ricostruito con crudo realismo da Sam Mendes, è un inferno in terra, troppo ingiustificabile per essere spiegabile, troppo difficile da comprendere per appartenere a un universo fisico. Un terrore immateriale, che trasforma una notte di rovine in fiamme e di pioggia di bengala, in una scenografia mefistofelica di spettri, dove il tangibile appartiene ora all'onirico, all'incubo. La guerra con tutte le sue paure: quella agorafobica, negli spazi aperti minacciati dai cecchini, e claustrofobica, delle gallerie minate, ma è anche quella del fanatismo degli alti ufficiali, già smascherato da Kubrik in Orizzonti di gloria e qui sottilmente segnalato. In 1917 si aggiunge un nuovo nemico, la guerra di logoramento diventa lotta contro il tempo: pochi palmi di terreno persi e presi in mesi di battaglia, costano un immenso sacrificio di vite, poche ore per la per la salvezza di 1600 persone, un orribile paradosso. Dunkirk di Christopher Nolan, ha utilizzato il tempo soprattutto come esercizio di stile, inserito nel dramma bellico, per Mendes invece è un ulteriore elemento di tensione. Tempo e tensione come elementi immateriali, da inserire in un cinema, dove ha sempre prevalso il tangibile e le sensazioni ad esso connesse. Per il regista è un aspetto importante, in American Beauty poteva essere una pioggia delicata di petali che cadono sulla pelle, o la danza del sacchetto di carta, capace di dare forma al vento. Qui abbiamo un'esperienza tattile ribaltata: il dolore fisico dei proiettili o le spallate nelle trincee, sono sintomi della durezza bellica, resa concreta anche sulla pelle. Ma in una pellicola che in mezzo a tanto orrore ci regala una luce lontana di speranza, il contatto tattile può essere l'abbraccio di un commilitone.