La prima domenica senza Eucaristia insieme
In questa prima domenica, la terza di Quaresima, che ci vede, da credenti, impossibilitati a partecipare alla celebrazione eucaristica, per le restrizioni adottate nell’intento di arginare il rischio contagio da coronavirus, ci si deve in qualche misura attivare per trovare occasioni “altre” che consentano di non bypassare un momento prezioso nel cammino verso la Pasqua. Il vescovo ha già suggerito gli atteggiamenti giusti e le occasioni possibili da vivere, in famiglia, e personalmente. (Pubblichiamo sotto il testo già disponibile sull’edizione cartacea de “L’Unione” in edicola).
Importante l’opportunità offerta ogni giorno alle ore 18, in questo tempo di Quaresima, al Santuario di Vicoforte: il vescovo Egidio celebra la Messa a porte chiuse, davanti all'immagine della Regina Montis Regalis, recitando la preghiera di affidamento. La messa viene diffusa in streaming sul sito del Santuario. Il Santuario in questi giorni verrà chiuso alle 17,30. Chi lo desidera può collegarsi e unirsi alla preghiera.
Alla domenica poi su varie reti televisive è programmata la trasmissione della Messa. In alcune parrocchie, poi, ogni giorno la celebrazione personale dei sacerdoti è visibile in streaming o sui social.
Poi in famiglia, nel giorno di festa, si possono ritagliare momenti di silenzio, di ascolto della Parola, di riflessione condivisa, di preghiera comune (a cominciare dal rosario, che è alla portata di tutti). Insomma se i martiri di Abilene ad inizio quarto secolo dicevano che “senza domenica non si può vivere”, anche per noi c’è da essere ancora più impegnati per fare della domenica, “Giorno del Signore”, un’occasione di grazia, nella misura del possibile, nelle condizioni oggi di difficoltà, anche per farsi carico dei sofferenti per il coronavirus e per affiancare idealmente chi li sta curando instancabilmente. E se la domenica è privata dell’Eucaristia insieme, c’è da assumere questa restrizione che costa parecchio sul piano della fede e della comunione, come un contributo di carità responsabile, nel fare di tutto per evitare che il contagio dilaghi ancora di più, portando dolore e lutti.
Rinuncia forzata all’Eucaristia: “Occasione per riscoprirne il valore. Ed anche per far tesoro della preghiera”
di +EGIDIO, vescovo
Cause di forza maggiore ci priveranno della santa Messa nelle parrocchie; speriamo per non troppo tempo! Per molti, si interromperà un’abitudine consolidata, che permette l’ascolto della Parola del Signore, l’accostarsi al Corpo di Cristo e il radunarsi come comunità cristiana, specie nell’assemblea domenicale nella quale ci sentiamo “popolo fedele”. In simili casi, ci si offre una preziosa occasione per riflettere su ciò che ci viene improvvisamente tolto.
La forzata sospensione consentirà, tuttavia, anche altre riflessioni
Per esempio, su come coltivare ordinariamente la fede in altre forme, personali e comunitarie. O sul futuro che ci attende, se alla luce delle proiezioni dei prossimi anni circa la minore presenza dei presbiteri sul territorio, inevitabilmente dovremo vivere la nostra fede in un contesto in cui la celebrazione eucaristica sarà sempre meno possibile: sapranno le comunità radunarsi anche laddove il presbitero non sarà presente? Non dimentichiamo, infatti, la parola di Gesù: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.
Ancora: chi solitamente si accosta all’Eucaristia, potrà valutare meglio l’importanza di quel “Pane di Vita” di cui viene privato. Di contro, chi frequenta la Messa ma non giunge, pur potendolo fare, all’incontro con il Corpo di Cristo, sfrutterà forse la circostanza per ragionare sulla sua scelta, divenuta improvvisamente obbligata.
Comunque sarebbe bello se la rinuncia forzata all’Eucaristia facesse scoprire o riscoprire un momento non frettoloso di preghiera in famiglia. Provo a immaginare la scena di un papà o di una mamma che radunano la famiglia, aprono il Vangelo, leggono e magari discutono con i figli il passo scelto: sarebbe certamente valorizzare uno stile di famiglia e, in questo caso, un modo prezioso di santificare il giorno del Signore, peraltro accompagnato dalla certezza che, intanto, i sacerdoti celebreranno privatamente per tutti i fedeli. Con la preghiera vissuta tra le mura della casa, poi, si consolidano anche lo stesso amore coniugale e l’armonia familiare. Forse e senza forse, consisteva in questo il segreto delle famiglie di ieri, certamente più unite e meno fragili di quelle attuali.
Anche la comunione spirituale è sempre valida sostituzione in forzata assenza della comunione eucaristica. Sarà bello e opportuno, da parte dei sacerdoti, tornare a spiegarne il senso e il valore.
Testimonianza da Codogno
Quanto ai sacerdoti, mi permetto di condividere con loro la riflessione fatta da un mio confratello, il parroco di Codogno, da settimane nella “zona rossa”, che ha scritto: “L’esperienza di celebrare l’Eucaristia in assenza del popolo mi ricorda che la comunione ecclesiale si vive in duplice forma: una diretta, nella partecipazione della gente e in relazione con essa, e una in forma parabolica, perché la comunione ecclesiale passa sempre dal Signore per raggiungere la comunità: non è solo orizzontale, è anche verticale. In tal senso non si tratta di comunione puramente virtuale”. In questa prospettiva anche i mezzi di comunicazione possono essere un aiuto prezioso nella supplenza alle forme di ritrovo comunitario.
In conclusione: ognuno, nel suo ruolo, si dia da fare con intraprendenza. Dio c’è, Dio ci è vicino, sempre, e specialmente nei momenti difficili, come l’attuale. Forse il problema siamo noi; non ce ne ricordiamo, non ci pensiamo, o abbiamo ridotto e confinato il nostro rapporto con Lui a qualche momento o a qualche pratica esclusiva o eccezionale.
Faccio mio l’augurio di sant’Agostino: “Sit tibi dies plena Deo”, Sia il tuo giorno pieno di Dio. Sempre, comunque, e nonostante tutto!