“La sera di Pasqua, tra dolcezza e paura”
Un ulteriore messaggio sul mistero-evento di Pasqua che può illuminare le nostre esistenze giunge dall’omelia del vescovo mons. Egidio Miragoli, alla Messa del giorno di Pasqua, alla sera, in Santuario a Vicoforte, celebrata a porte chiuse ma trasmessa in streaming e su Fb. Una Messa conclusa con la solenne benedizione papale con annessa l’indulgenza plenaria. Insieme alle riflessioni, sempre del vescovo, alla Veglia pasquale di sabato sera, questi spunti possono farsi riferimento nella “Ottava di Pasqua”, la settimana che è come un unico grande giorno per la liturgia, fino a domenica prossima. Sono tempi difficili ma proprio per questo dobbiamo aggrapparci sempre di più a Colui che vive. E in questa occasione il vescovo ha ampliato lo sguardo, approfondimento il racconto Luca sui due di Emmaus che “riconoscono il Risorto nell’atto dello spezzare il pane alla sera del giorno di Pasqua”.
«Mi verrebbe da dire: come è bella la sera di Pasqua! Tutto si è compiuto, ed è un tutto di straripante potenza e gioia. La vita ha trionfato, la pietra è stata rimossa, Dio si è misteriosamente sottoposto all’umiliazione della Croce in Cristo Gesù, ma Cristo Gesù è risuscitato dai morti e ci ha coinvolto in questa vittoria definitiva! Per un credente, dovrebbe essere il giorno più felice dell’anno – ha detto il vescovo, mons. Egidio Miragoli, nell’omelia alla Messa del giorno di Pasqua in Santuario –: quello che gli assicura la vita eterna, e che, comunque, vede Gesù risorgere, e proiettare la sua e nostra umanità in una nuova dimensione. La liturgia, con il ripetersi del canto dell’Alleluja dice festa e gioia. Le letture stesse sono tutte intessute di esultanza grande. Basterebbe rileggere il sunto dell’esperienza terrena di Cristo degli “Atti degli Apostoli”: “Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui (...) Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio”; il Salmo lo dice con la forza della poesia. Dichiara che il Signore è buono e che il suo amore è per sempre, e poi usa un’immagine divenuta indelebile: “La pietra scartata dai costruttori / è divenuta la pietra d’angolo. / Questo è stato fatto dal Signore: / una meraviglia ai nostri occhi”. San Paolo ci parla della pasta nuova, simbolo della vita rinnovata, che si afferma nella sincerità e verità della Pasqua».
EMMAUS: IL SIGNORE CAMMINA CON NOI
«E poi c’è la sera di Emmaus, così famosa perché così consolante – ha continuato il vescovo –. Con il tocco lieve che solo il poeta sa trovare, Luigi Santucci, facendo parlare Cleopa, uno dei discepoli che racconta l’accaduto, scrive: “La strada è finita. Finito anche il giorno. Mai come ieri sera avrei voluto che la luna non si arrampicasse sui tetti. Emmaus è un villaggio dove sono stato tante volte: non mi ero mai accorto che in nessun altro posto della Galilea la sera fa più dolcezza e paura insieme”. Anche lì, nel resoconto che i due viandanti fanno a Gesù, ignari di parlare con lui, il suo ritratto è rapido ed efficace. Lo definiscono “profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo”; ricordano la crocifissione e la fiducia che avevano riposto in lui: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” e poi, con una innegabile dose di incertezza, alludono agli eventi del mattino: “Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”. Dopodiché, Gesù spiega loro le Scritture e si lascia riconoscere spezzando il pane. Scrive sempre L. Santucci: “Sembrava che in quei pezzi di pane entrassero come per magia le sue mani, poi tutto lui. In pochi attimi è scomparso ai nostri occhi, ed è rimasto solo il pane. Così l’abbiamo riconosciuto quando era troppo tardi”. Per cui essi partono alla volta di Gerusalemme e danno inizio all’annuncio della Resurrezione, del Risorto».
LA NOSTRA SERA DI PASQUA
«Davvero, la sera di Pasqua è - liturgicamente parlando - una sera bellissima. Eppure...
Eppure oggi ci riesce più difficile pensarlo e dirlo. Anzi, per pensarlo e dirlo dobbiamo astrarci dalla condizione in cui ci troviamo. Chi celebra è solo; chi assiste, assiste da casa, su un video. Intorno, morte, dati tambureggianti, incertezza economica e sociale, la vita improvvisamente fragilissima e sospesa. E allora? È Pasqua o non è Pasqua? Dobbiamo, possiamo essere felici o - almeno per quest’anno - l’annuncio della Resurrezione è così lontano dalla nostra esperienza quotidiana che ci appare quasi estraneo, quasi incomprensibile? Non voglio dare risposte banali, facili, consolatorie.
Tante case sono state lambite dalla morte a poca distanza da noi e anche da noi, e il mondo intero deve fare i conti con una pandemia che miete migliaia di vittime; non sapremo quando torneremo a una vita normale; improvvisamente siamo precipitati in una sorta di Medioevo che ci ha gettato in faccia la nostra precarietà. Tutto ciò forse meglio starebbe ai piedi della croce del Venerdì Santo, che non davanti al sepolcro vuoto. Ma proprio qui sta la scommessa cristiana, che ha attraversato tanti secoli e anche tanti altri momenti drammatici. Quel sepolcro vuoto è dentro la Storia ma anche al di sopra della Storia. La riscatta e la salva. Anche in giorni in cui la malattia e la morte infuriano. Vorrei dire: niente paura, perché anche nel caso del virus che ci assedia si tratta esattamente di quella morte che la Pasqua ha sconfitto per sempre. Proprio di quella. Ci crediamo?»…
In conclusione il vescovo ha invitato tutti - in questi tempi difficili - ad “un di più di fede”, unitamente a mettere in campo “la forza e il coraggio di sperare”, nonché a farsi capaci di “generare carità” nell’emergenza che ci avvolge.
(Il testo completo dell’omelia su “L’Unione Monregalese” nell’edizione di carta, in edicola da mercoledì)