Come ogni fenomeno culturale pop, i Beatles hanno lasciato tracce un po’ dappertutto nell’arte e nell’intrattenimento. Anche il cinema naturalmente ne è stato fortemente ispirato, e molti registi e sceneggiatori, appassionati della band, hanno piazzato riferimenti nei propri film o parlato direttamente di loro. Ultimo in ordine di tempo Danny Boyle, che con “Yesterday” ha allestito una pellicola incentrata sulla loro fi gura, dove però si immagina paradossalmente un mondo in cui non vi sia memoria alcuna del gruppo: un modo alternativo per permetterci di comprendere, attraverso l’assenza, la portata della loro infl uenza. I riferimenti ai Beatles si annidano dappertutto nel cinema, ed è giusto so_ ermarsi su quei lavori che li hanno coinvolti direttamente. Affiancare carriera musicale e attività fi lmica era una consuetudine negli anni ‘60, come utile traino per la promozione del disco e al contempo al lancio del personaggio su grande schermo. Per la band di Liverpool l’esordio in sala è avvenuto nel 1964 con “A Hard Day’s Night”. La dura giornata di lavoro, che vede impegnati i Fab Four, passa dalle prove per lo spettacolo televisivo alle esibizioni, dalle ammiratrici alla fuga di Ringo. Al centro naturalmente le canzoni, tuttavia distaccate dall’avere una funzione sugli eventi della trama, com’era consuetudine per i film musicali del periodo. Dell’anno seguente “Help!” divenuto da noi “Aiuto!”: pellicola questa volta incentrata su una storia di pura fantasia, che mantiene però la struttura del film precedente, affidando alle canzoni il solo compito di raccordo e intermezzo musicale. Con “Yellow Submarine” troviamo invece un connubio tra musica e narrazione più saldo: entrano in gioco animazione, pop-art e psichedelia (siamo nel 1968). E il lavoro nell’insieme entra nel mito. L’apporto di John, Paul, George e Ringo al cinema non è destinato a concludersi con lo scioglimento del gruppo, basti ricordare l’importante sforzo economico di Harrison, per tenere in vita il progetto dei Monty Python “Brian di Nazareth”, attraverso i fondi di una casa di produzione creata dall’ex-beatles appositamente (la HandMade), attiva in seguito per diversi decenni.