MondoQui sul video razzista: «Troppo facile attaccare il ragazzo. Il problema è chi gli ha insegnato quelle cose»
Sulla vicenda del video dai contenuti razzisti e sessisti, diffuso sui social dal 19enne Marco Rossi, ora interviene l'Associazione MondoQui che a Mondovì si occupa di inclusione contro le barriere del razzismo e della xenofobia. «L'Associazione MondoQui lotta da anni contro le disuguaglianze e il razzismo, preferendo in genere le azioni concrete alle parole; ma il video gravemente razzista e oltraggioso del giovane di Magliano e le reazioni che ne sono seguite ci spingono a dire qualcosa. Innanzitutto non c'è dubbio che Marco sia pienamente responsabile di quello che ha detto, è maggiorenne ed ha anche superato l'esame di "maturità", quindi è in grado di discernere e decidere delle sue azioni rispondendone davanti alla legge».
Scrive MondoQui: «Crediamo però che le cose che ha detto non siano nate dal nulla. Non da un giovane isolato e asociale che che ha maturato queste idee da solo, circondato da un contesto del tutto immune da queste derive. Immaginiamo piuttosto che per tutta la sua adolescenza avrà sentito compagni e adulti dire frasi razziste o sessiste seguite da risate, come se non ci fosse nulla di strano. Si sarà formato come tutti noi in un'ideologia che ci convince che chi ha di più se lo è meritato e che esiste una superiorità morale della nostra gente laboriosa e onesta, che la distingue da poveri, tali perché poco intraprendenti, o peggio. O avrà sentito in Tv e sui social personaggi famosi e con incarichi pubblici fare discorsi non tanto diversi dal suo. E visto quotidiani con titoli apertamente e spudoratamente razzisti o sessisti che magari suscitavano l'indignazione di qualche buonista, ma intanto continuano ad essere stampati. La cosa che ha reso così eclatante il suo gesto forse è stato insultare una persona in carne ed ossa e farlo pubblicamente, invece di insultare una categoria astratta pubblicamente o una singola persona ma in privato. Così è stato lasciato col cerino in mano, abbandonato dal silenzio imbarazzato dei suoi cattivi maestri».
Ricordiamo che il 19enne è stato denunciato dalla Questura (leggi qui) per "diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale" e "propaganda di idee fondate sulla superiorità e l'odio razziale", e che la Monregale Calcio lo ha allontanato definitivamente (leggi qui).
«Mondovì e i suoi dintorni una "piccola roccaforte del razzismo"? Qualcuno da fuori l'ha definita così, mettendo insieme i due episodi che hanno portato la città alle cronache nazionali negli ultimi mesi. Noi non crediamo che sia peggio o meglio del resto d'Italia o del mondo. Qui, come in tanti luoghi dove razzismo, prepotenza e maschilismo esistono, si trovano anche molte realtà che contrastano queste idee e comportamenti. Qui vivono moltissime persone che con parole e fatti tengono accesa la luce. Sicuramente Marco è anche entrato in contatto con tanti di loro, a scuola, in parrocchia, nello sport, e avranno fatto del loro meglio per educarlo con le parole e l'esempio al rispetto per gli altri, ai valori della Costituzione o a quelli del Vangelo. Ma in lui questi discorsi non hanno fatto breccia: sono fuori moda e noiosi, delegittimati da un forte e diffuso discorso pubblico che invece legittima frasi come quelle che ha pronunciato Marco: perché, secondo questa forma di propaganda, cattivo è "figo", ribelle, affascinante. Invece "buono" è stupido, buonista, benpensante, banale. Chi fa qualcosa per gli altri o li difende, lo fa sempre per tornaconto: meglio spietati, razzisti, sessisti, ma coerenti. Così Marco non ha fatto niente di originale. Ha seguito un gregge. Troppo comodo, ipocrita e abbastanza patetico isolare Marco, far finta che sia una pecora nera, chiedere di cacciarlo dalla squadra di calcio e insultare sui social lui e la squadra. Facciamoci piuttosto tutti un bell'esame di coscienza collettivo e chiediamoci cosa bisogna cominciare a cambiare subito e in fretta per evitare che i valori del fascismo, che lui ha riassunto così bene, dilaghino più di quanto già non hanno fatto. Non liberiamoci di lui ma isoliamo i suoi cattivi maestri a tutti i livelli. Marco, di far parte di una squadra di calcio, dove si educano i giovani a rispettare le persone e le regole, ha un gran bisogno. Oppure, se non sarà riammesso, ma avrà deciso di cambiare stile, lo invitiamo a partecipare alle attività di MondoQui. La porta è aperta, e fare un po' di volontariato interculturale potrebbe far miracoli, magari partecipando a un rilancio della nostra squadretta di calcio».
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