Bancarotta fraudolenta e ditte per “scaricare”: quattro condannati tra Mondovì, Piozzo e Carrù

Bancarotta fraudolenta, in un sistema macchinoso fatto di società fantasma, consulenze false e operazioni fittizie. Per questo il collegio giudicante del Tribunale di Cuneo, presieduto dal dott. Marcello Pisanu, ha condannato quattro monregalesi, che sono residenti tra Mondovì, Piozzo e Carrù: A.A e S.D. a quattro anni di reclusione e L.B. ed E.V. a quattro anni e due mesi. In più dovranno ripagare i danni in sede civile e versare, per ora, una provvisionale da 200 mila euro.
Ecco come funzionavano le cose. A.A. è il fondatore della coop Lavoro arl di Piozzo, E.V è l’amministratrice della cooperativa fino al 2013, L.B risulta l’amministratore unico di Granda Lavoro mentre S.D. dipendente e socio delle due cooperative coinvolte. In più c’è un altro uomo al centro di tutto: un pregiudicato pugliese (A.G.) che secondo la tesi della Procura si sarebbe prestato a fare da amministratore (fittizio), causa condizioni finanziarie disperate, di svariate società che erano messe in piedi e poi liquidate dagli imputati, fatturando operazioni inesistenti solo per abbattere Iva e ricavi.
A.G. era anche a capo di Consulcoop, con la sede sempre a Piozzo nella cooperativa Lavoro, che emetteva fatture da decine di migliaia di euro, ma l’unico bene aziendale era un computer. Addirittura era titolare di un’altra impresa individuale e di una squadra di calcio dilettantistica, la San Severo Calcio (Foggia), mai iscritta a nessun campionato ma destinataria di forti sponsorizzazioni. L’uomo, messo alle strette, ha ammesso le responsabilità proprie e patteggiato. Nel 2014 la Consulcoop dichiarava lo stato di insolvenza e da lì vengono a galla le prime irregolarità.
Dalle registrazioni emerge che altri soggetti coinvolti hanno fatto intendere ad A.G. che, pagando qualche mazzetta ai finanzieri, si sarebbe risolto tutto. «Non si è potuto capire se si trattasse di millantato credito o di qualcosa di più, ma questa è la vera ombra nel processo», ha dichiarato il sostituto procuratore Pier Attilio Stea, chiedendo condanne a due anni e due mesi per E.V., a sei anni per A.A. e S.D. e a sei anni e tre mesi per L.B.
La Consulcoop viene creata per consentire alla cooperativa Lavoro di abbattere l’imponibile, per permettere ad A.A. e agli altri di figurare come dipendenti con uno stipendio legale e infine per consentire a ognuno di loro di prelevare somme di denaro con carte intestate alla società. Questa è la ricostruzione da parte dell’avvocato Tesio, rappresentante dell’erario costituitosi parte civile. L’avvocato Sacco, difensore degli imputati, ha chiamato in causa i familiari di A.G: «È un pluripregiudicato per reati gravi e non sembra così sprovveduto e raggirabile. La commercialista ha sempre ammesso di essersi rapportata solo con l’amministratore di Consulcoop. Perché si sarebbe prestata a questo gioco, se sospettava che dietro all’amministratore di diritto ci fossero degli amministratori di fatto?».