“Res Publica 2020”: Mondovì premia chi ha lottato in prima linea contro il virus

Una cerimonia video, in uno studio virtuale e con una serie di filmati dedicati alle Istituzioni - e alle persone dietro di esse - che hanno combattuto il Covid. Nel pieno della seconda ondata, quando tutto è tornato di attualità e già si parla di nuovo lockdown, l’Associazione “Buon Governo e Senso Civico” nata a Mondovì per iniziativa di Antonio Maria Costa ha scelto comunque di cambiare forma ma non sostanza al “Premio Res Publica 2020”, confermando l’intento di dare merito a chi si è distinto nel campo del “bene comune” nella lotta alla pandemia. Sembrerebbe scontato, in tempi normali. Ma i tempi che stiamo vivendo non sono definibili esattamente "normali": viviamo, anzi, in un’epoca in cui soffia il vento del negazionismo, di chi sostiene che il virus «sia tutto un complotto», che «i virologi mentono» e che «le ambulanze viaggiano vuote per spaventare la gente».
Sono quattro i nomi scelti per il premio “Res Publica 2020”: l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo “alla terapia contro il Covid-19”, l’Istituto Spallanzani di Roma per la “ricerca sul Covid-19”, l’immunologo statunitense Anthony Fauci alla “mobilitazione contro il Covid-19” e infine i fratelli Ambrogio e Luigi Crespi, rispettivamente regista e sceneggiatore del documentario “A viso aperto” (Italia, 2020), filmato nelle zone più colpite durante l’emergenza sanitaria tra febbraio e maggio. «La “seconda ondata” ci ha costretti a riorganizzare la cerimonia in una vera corsa contro il tempo – ha detto Antonio Maria Costa, economista, scrittore già vice-segretario generale dell’Onu e direttore del Dipartimento per il contrasto alla droga e alla criminalità organizzata –: è stata nostra la decisione di passare a una cerimonia on line, per costringere i premiati a spostarsi. Sono loro, le Istituzioni e le persone che stanno dietro, i veri eroi della lotta che l’umanità sta combattendo contro la pandemia».
La giuria internazionale ha deciso di premiare l’opera dei fratelli Crespi per la capacità di coniugare, nella narrazione quanto nel filmato, i concetti chiave del Premio: senso civico, impegno per il bene comune e applicazione verso il prossimo. I fratelli Crespi hanno svolto interviste ai medici, soprattutto sulle loro responsabilità di fronte a un virus inizialmente sconosciuto, obbligati dall’emergenza a fare scelte terapeutiche mai studiate. Il docufilm spiega che, pur se attrezzature mediche avanzate sono necessarie per salvare i contagiati, è l’elemento umano il fattore che meglio conduce al superamento della crisi. “Abbiamo apprezzato il documentario per come mostra il progressivo successo nei tre episodi di lotta alla pandemia: scoperta, contenimento, terapia – evidenzia la giuriadel premio -. Attraverso questo viaggio simbolico, il documentario spiega perché, malgrado gli inevitabili problemi, è opportuno studiare l’esperienza italiana. Dopo la Cina, all’origine del dramma, l’Italia è stato il primo Paese colpito su grande scala. A Viso Aperto mostra che questo non invidiabile privilegio apporta insegnamenti a tutto il mondo: l’importanza delle scelte preventive (maschera, quarantena, distanziamento) che permettono di privilegiare al contempo salute ed economia; il ruolo della terapia, con la grande voglia di sconfiggere il virus basando le cure su dati, fatti e – come ammette un docente intervistato – errori; e la volontà di innovare, apprendendo dai momenti di successo ed insuccesso, in Italia ed altrove”.
Momento clou l’assegnazione del premio ad Anthony Fauci, avvenuta nella prestigiosa cornice di Villa Firenze, residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Washington Armando Varricchio, che ha ricordato le origini italiane di Fauci, sottolineando in particolare «l’enorme prestigio e unanime apprezzamento di cui il Direttore del NIAID gode a livello internazionale, per la sua capacità di parlare con una chiarezza ed un rigore scientifico ineguagliabili». Il premio è stato assegnato a Fauci dal delegato Usa al Premio Res Publica, Dick Schmitt; nell’accettarlo, Fauci ha ricordato in particolare l’eccellente collaborazione scientifica con l’Italia, evidenziando come “nel suo laboratorio abbiano lavorato tanti italiani, che adesso sono impegnati a combattere la pandemia in Italia”. Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII ha voluto portare i suoi ringraziamenti anche a nome dei 4.600 collaboratori del nosocomio, ricordando cosa ha significato per l’intera struttura affrontare lo scoppio della pandemia. «Bergamo è stata una trincea avanzata del Covid – ha detto -. Da tutto il mondo ci hanno chiamato per capire come ci siamo organizzati». Per lo Spallanzani di Roma è giunto invece il ringraziamento e il saluto di Francesco Vaia, epidemiologo e direttore sanitario dell’Istituto: «Un onore ricevere questo premio – ha detto circondato dai colleghi –. Il nostro obiettivo è quello di diventare parte importante e fondante dell’Agenzia europea per la ricerca».