Dalla chiamata all’intervento Covid: “Così affrontiamo il virus”
Dal servizio pubblicato sull'edizione "Unione Monregalese" in edicola
«Abbiamo un verde 15». È un po’ il “pane quotidiano” in questi giorni. «Solo l’altro giorno otto, quattro al mattino e quattro al pomeriggio», ci raccontano. Il colore indica la priorità del paziente, mentre la sigla la patologia presunta. 15 sta per l’infettiva, ovvero Covid positivo. La chiamata arriva da Saluzzo, dove c’è la Centrale operativa del 112, il numero unico dell’emergenza. Qui, in sede, il gruppo dei Volontari del soccorso di Clavesana risponde e attiva l’intervento. Il paziente verrà poi valutato in loco, e portato, laddove necessario, in Pronto Soccorso.
Oltre ai medici, infermieri e operatori sanitari ci sono anche loro in prima linea contro il Covid: impiegati, operai, pensionati e tirocinanti che vivono una “doppia” vita. In una parola “volontari”, a disposizione dell’emergenza. C’erano nella colonna da 12 ambulanze (due quelle cuneesi: Racconigi e, per l’appunto, Clavesana) che dal “Mauriziano” di Torino trasferirono i malati Covid a Tortona. Quella foto in notturna l’avrete già vista quasi sicuramente poichè è divenuta poi l’icona dell’emergenza sanitaria in questa seconda ondata. C’erano anche in quella notte drammatica, a marzo, quando venne evacuata in blocco la Casa di riposo a Villanova.
«Oltre gli interventi di primo soccorso ci sono anche quelli legati alla Maxi Emergenza dell’Unità di crisi», spiega Maurizio Arnaldi, project manager nel settore ferroviario in orario lavorativo, ma anche e soprattutto soccorritore e fresco di nomina a presidente del Gruppo di Clavesana. «Come diretta conseguenza, dal 16 novembre (tramite il bando della Regione) abbiamo quindi una seconda ambulanza continuativa, h 12, a disposizione dell’Unità di crisi e della Centrale operativa». I volontari sono attivi 24 ore su 24, spalmati su tre turni: mattina, pomeriggio e notte. Il turnover è di 12 persone al giorno, 4 per turno.
«C’è chi ha fatto 120 turni in tre mesi, vuol dire un giorno sì e un giorno no», aggiunge Paolo, addetto alla programmazione e all’automazione in azienda meccanica quando non è in sede con la “divisa” 118. La paura c’è stata, specie nella prima ondata. Qualcuno, comprensibilmente, ha mollato. «Ma noi siamo qui proprio per i momenti più difficili – continua Maurizio –, finora, facendo tutti gli scongiuri del caso, i dpi hanno funzionato e abbiamo tenuto lontano il pericolo del contagio. Per tutela massima, la maggior parte degli interventi viene classificato come presunto Covid. Noi così completiamo la “vestizione” con lo “scafandro” e tutte le protezioni integrali. Il dubbio vince sempre: cerchiamo di non esporre mai, se possibile, entrambi i volontari dell’equipaggio».
Ed è così che mascherine, tute e copri calzari si consumano come il pane. «Prima di tutto vengono i volontari e i pazienti. Poi certo l’impatto sul bilancio è evidente, calcoliamo circa 20mila euro di spese “extra” quest’anno. Ma, attenzione, parliamo di materiale acquistato, quello donato è molto di più». Un modo per dire che la solidarietà vince sempre sui numeri. Così come le storie personali del singolo, di chi si ritrova, magari già anziano, trasferito in un altro Ospedale chilometri e chilometri di distanza da casa, perché questo prevede il piano ospedaliero regionale. Di moglie e marito insieme da una vita e separati all’ultimo. E lì la differenza la fa proprio la parola gentile, il piccolo gesto di chi assiste. Dall’Associazione si chiamano a raccolta anche nuove forze “fresche”: «Nel 2021 è previsto il nuovo bando per il servizio civile. Una bellissima opportunità, retribuita, per i giovani dai 18 ai 29 anni».
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