Pestaggio a Breo per gelosia dopo una foto su Facebook: condannato residente a Mondovì

(a.c.) – «Una sera ero stato fotografato con la moglie di A.N. e un gruppo di persone al bar. L’immagine era stata pubblicata sui social». Sarebbe stato questo il movente dell’aggressione maturata nel parcheggio dell’ex discount Ekom, in piazza della Repubblica, a Mondovì. A parlare è un giovane ex agente di commercio, oggi 28enne, che nel 2015 ha denunciato due suoi amici per rapina, lesioni e minacce dopo un folle pestaggio: «Non ho mai visto una cattiveria simile, né mi sarei aspettato una violenza del genere da qualcuno che conoscevo». Gli imputati G.V. e A.N., entrambi di nazionalità albanese e residenti a Mondovì, sono già stati giudicati per la rapina dal Gup.
Con l’accusa di lesioni aggravate e minaccia è poi stato rinviato a giudizio, in un diverso procedimento, il solo A.N. che era stato assolto per l’altro capo d’imputazione. L’autore della denuncia ha spiegato di aver conosciuto A.N. nel 2014, in un bar di Vicoforte, tramite amicizie comuni con la sua compagna. Da lì si è instaurato un rapporto di conoscenza amicale o quasi che coinvolgeva anche G.V. e le rispettive compagne, ma che avrebbe poi scatenato la gelosia dei due. Tutta colpa di una foto su Facebook, racconta la parte offesa nell’episodio contestato: «Ho visto A.N. salire dal lato passeggero e G.V. sul sedile dietro. Sul momento non mi sono preoccupato proprio perché li conoscevo, poi hanno iniziato a pestarmi».
La spedizione punitiva si sarebbe conclusa lasciando il giovane tramortito e sanguinante, con un timpano perforato: prima di andarsene, uno dei due aveva anche sottratto il suo iPad aziendale. La vittima si è detta convinta che il vero motivo dell’aggressione potesse essere proprio la rapina, tuttavia nel formulare la denuncia non aveva rivelato, esprimendo timori per sé e i propri famigliari, subito l’identità dei picchiatori. Pochi giorni dopo entrambi i presunti autori delle violenze avrebbero cercato di “aggiustare” la situazione: A.N. ci aveva provato con una serie di messaggi, conclusi però da un perentorio «Te la farò pagare». Il pubblico ministero Raffaele Delpui, chiedendo per l’imputato la condanna a un anno e un mese di carcere, ha parlato di aggressione «brutale», «le modalità sono al limite del sequestro di persona».
Per la difesa, l’avvocato Paolo Botasso ha parlato di una ricostruzione dei fatti poco credibile da parte della vittima anche alla luce di quanto dichiarato all’epoca della denuncia: «A.N, lo aveva contattato giorni dopo solo per chiarire che non c’entrava con le lesioni subite dal ragazzo». Il giudice Marco Toscano ha infine condannato l’imputato a nove mesi di reclusione, applicando il beneficio della sospensione della pena.