«La montagna è stata completamente dimenticata»
Scendere a valle sulla nuova telecabina a Prato Nevoso, nel buio della sera, con le mille luci della pianura, ai piedi delle montagne; salire a bordo di una motoslitta sui sentieri, sulla neve vergine, per poi sedersi a tavola in uno chalet ristrutturato, per gustare i piatti di uno chef stellato: sono solo alcune tra le emozionanti esperienze che le nostre stazioni sciistiche possono offrire ai turisti. Opportunità che restano ignote, paradossalmente, persino alla maggior parte dei monregalesi, che magari non hanno più occasione di frequentare le piste e sono rimasti a un’immagine del turismo invernale esclusivamente rustica e tradizionale, fatta di polenta e cervo, partite a carte e bombardini in baita. L’offerta turistica sulle valli del Mondolè è arrivata ad avere opzioni per tutti i gusti e per tutti i pubblici, dalla panineria al ristorante raffinato, dalla trattoria rustica alla cena con lo chef stellato. Alberghi, bar, ristoranti e simili sono parte dell’indotto delle stazioni sciistiche e la loro sorte è legata a doppio filo al turismo invernale, con tutte le difficoltà del fare impresa in un territorio come quello dell’altra montagna che si aggiungono a costi e oneri di un ristoratore normale. Abbiamo fatto due chiacchiere con Marco Allegro, titolare dello Ski Grill di Prato Nevoso, per capire meglio la situazione di chi gestisce un tipo di attività così particolare. Marco ha raccolto dal padre il testimone della gestione dell’attività, da quando ha 18 anni.
«Ti dico la verità: avrei preferito chiudere quest’estate e fare la stagione invernale piena, mi sarebbe comunque convenuto – dice Allegro –: è vero che il turismo di prossimità dopo il lungo lockdown ci ha dato un po’ di ossigeno ma non è nulla rispetto a quello che si riesce a fare d’inverno. Il problema grosso, ora com’è ora, è la mancanza di risposte oltre che di ristori. Noi ristoratori del mondo della montagna non abbiamo preso i ristori a primavera perché ci hanno chiuso nell’ultima parte della stagione, non abbiamo preso quelli di quest’autunno perché sono stati erogati in automatico a chi aveva preso i primi. Adesso vediamo se sarà dato qualcosa di specifico per chi ha perso la stagione invernale, ma siamo allo stato delle promesse».
Il Ministero della Salute ha firmato l’ordinanza per la riapertura il 18 gennaio, finalmente c’è una data
«Il clima di incertezza continua: si parla del 18 gennaio ma non si capisce se si sarà in zona gialla o no, se si potrà lavorare. Il punto è che non possiamo accontentarci di una data probabile. Dobbiamo organizzarci, approvvigionarci, mobilitare il personale. Qui è tutto più difficile, visto che le forniture dobbiamo farle arrivare fin quassù alla baita a mezzo di motoslitte. Serve chiarezza. Oltretutto devo far venire dei ragazzi, io ne ho che vengono anche da lontano, qualcuno da Genova, tre da Napoli e due da Palermo».
A pieno regime quanti dipendenti lavorano allo Ski grill?
«In una stagione normale nel periodo di Natale diamo lavoro a 10-12 persone. Attualmente ne ho tenute due, che sono di Mondovì, gli altri lavorano con contratti a chiamata, ma appunto serve preavviso. Sono allertati per il 6-7, sperando di poter lavorare come zona gialla».
In questi mesi come avete vissuto le restrizioni, come vi siete organizzati?
«Abbiamo cercato comunque di dare un servizio esterno, anche solo un caffè o un tè caldo per questi ragazzi e bambini che si allenavano in questi giorni. Naturalmente sono briciole, visto che questi Sci Club sono molto organizzati, in termini di vitto e alloggio. Non è gente che viene a farsi una cena fuori. Per quanto riguarda il delivery o l’asporto, li abbiamo attivati più per tenere vivo il paese che per convenienza economica. Per noi è tutto più difficile. Quando vado a fare una consegna devo partire in motoslitta, poi eventualmente in macchina. Chiaro che tutto aumenta di prezzo e bisogna proporre comunque un menù a un prezzo abbordabile».
A livello di affluenza in questi mesi a Prato Nevoso come è andata? Si sono avuti comunque dei visitatori?
«Soprattutto gli atleti degli Sci Club, e sono stati anche tanti. A livello lavorativo però hanno portato poco agli esercizi della valle. Non li abbiamo praticamente visti, se non in pista. Finchè siamo stati in zona gialla un po’ di gente è comunque venuta, un po’ in weekend e un po’ in settimana. Se fosse rimasto tutto così avrei patito un po’ meno: con la chiusura, il lavoro è calato del 90%. Eppure ci siamo organizzati, abbiamo anche speso soldi per adeguarci alle linee guida: abbiamo il menù asporto, abbiamo la struttura esterna per servire lo sciatore. Soldi sprecati, perché non ci hanno lasciato lavorare. E la volubilità delle decisioni del Governo ci ha fatto buttare via un sacco di alimentari. In una stagione normale abbiamo clientela che arriva anche dall’estero, grazie alla sinergia che ho creato con alcuni tour operator. Tutti rapporti che speriamo di riprendere alla fine di questa pandemia, anche se ovviamente c’è una grossa incognita su questo».
Quali sono le difficoltà che deve affrontare un esercizio di ristorazione in alta montagna?
«È tutto un altro tipo di lavoro. Intanto già solo per gli approvigionamenti: in città arriva il camion e scarica. Qui tutto quello che ci portano dobbiamo farlo arrivare su in motoslitta, con maggiori costi e un carico di lavoro maggiore. Inoltre, in città, il Comune pensa a tenere pulite le strade. Qui dobbiamo spalarci via la neve da soli: 700 metri di dehors, da pulire praticamente ogni giorno. Il riscaldamento è sempre acceso, anche se non c’è nessuno, perché dobbiamo impedire il gelo che danneggerebbe le attrezzature».
Da quanto tempo fai impresa in alta montagna?
«Lo Ski Grill è l’attività della mia famiglia, costruito da mio padre. A 18 anni ho deciso di proseguire il suo lavoro, e sono ormai 25 anni che lo gestisco. Negli ultimi 4-5 anni ho attuato un percorso importante di ristrutturazione, creando un ambiente nuovo, esclusivo, rustico ma raffinato. Pensa che la rivista importante del settore ha dedicato un servizio di diverse pagine ai nuovi interni del locale. Ho cercato di alzare il livello sia dell’estetica che della cucina, con collaborazioni importanti tra cui lo chef stellato Crippa, l’anno scorso. Ora chi viene allo Ski Grill può trovare sia una polenta, un toast i piatti classici, ma anche un filetto cucinato con tutti i crismi. E mi spiace che spesso i meno consapevoli di queste opportunità che offrono le nostre attività sono proprio i monregalesi, i locali. Io parlo dello Ski Grill perché è la realtà che conosco, ma anche altri locali di Prato Nevoso hanno un’offerta di altissimo livello, che non hanno niente da invidiare alle offerte di località blasonate come il Trentino. L’emozione di andare a cena portati da una motoslitta, ad esempio, per gustare prelibatezze cucinate da uno chef circondati da un panorama unico».
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