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sabato 25 Gennaio 2025     Accedi

Girano il mondo e alla fine scelgono la Valle Pesio

La storia di Simone Mondino e Romina Manassero (alias Iduevagamondi), fotografi professionisti che dopo aver viaggiato in mezzo mondo hanno deciso di trasferirsi in Valle Pesio

di Gabriele Gallo

Tetto Caban, appendice silenziosa della più nota località di Pradeboni, storico vanto alpino del Comune di Peveragno. La natura, però, non conosce confini, corre su terreni e crinali a prescindere dall’uomo e dalle sue perimetrazioni. E così basta un passo per ritrovarsi a Chiusa di Pesio, sulla verticale di Vigna e sulla sinistra idrografica della Valle Pesio. Ed è qui, in questo angolo selvaggio a novecento metri di quota, che Simone Mondino e Romina Manassero (fotografi professionisti e content creator, noti con lo pseudonimo de Iduevagamondi) hanno deciso di trasferirsi. Per sempre. Facile a dirsi, difficile a farsi per due ragazzi cuneesi abituati a girare l’Italia e il mondo per passione e per lavoro. Dolomiti, Abetone, Francia, Spagna, Islanda, Canada, Terra del Fuoco, Danimarca, Kazakistan, New York tra i viaggi più recenti. Uno sguardo che si è arricchito di storie, culture e paesaggi diversi, ma che per anni ha navigato nell’inquietudine della nostalgia, perché dietro a ogni partenza c’era il forzato addio a quelle Alpi di Cuneo da sempre amate e fotografate. La voglia latente di fermarsi per provare a realizzare il sogno ultimo: vivere in montagna e di montagna, sfruttando competenze e visibilità.

Nello scorso autunno, dopo mesi di ricerche, l’occasione perfetta, improvvisa e casuale come nelle migliori storie a lieto fine. Da un paio di mesi, allora, Simone e Romina vivono in quello che è già stato un B&B, immerso nei boschi e nel silenzio di una borgata che si popola soltanto nei weekend e in piena estate. «Ogni mattina il profilo del Marguareis ci sorride e a noi non sembra ancora vero. Stiamo vivendo un sogno e una pazzia in contemporanea, ma non torneremmo indietro». Negli occhi di Simone e Romina il sogno di vivere in alta quota, meditato e ponderato, e la pazzia di aver investito tutti i propri risparmi contraendo un importante mutuo bancario. Nessun regalo, nessuna eredità, nessun supporto economico esterno. Semplicemente una scelta condivisa e un investimento rischioso.

«La montagna deve tornare a vivere. C’è bisogno di presidio e di manutenzione, di ritmi di vita più equilibrati e sostenibili. E oggi tocca a noi giovani provarci. In pochi mesi abbiamo già imparato molte cose, ma là fuori c’è un mondo da scoprire e interiorizzare. Vorremmo partire dalle castagne, dalla terra, dal paesaggio. Vorremmo abitare lo spazio e cacciar via l’abbandono. Perché quassù la vita ha un altro sapore, che rimanda al legno, al bosco, alla neve e all’aria aperta. Probabilmente gli abitanti locali ci guarderanno per sempre come “i due forestieri”, ma nessuno ci ha fatto mancare il proprio appoggio fin da subito. Qualcuno ci ha detto che avevamo un bel coraggio. A noi sembra soltanto una gran voglia di bellezza!».

A chi obbietta una visione troppo ingenua e utopistica della montagna, Simone e Romina rispondono con il sorriso che da sempre li contraddistingue. «Ci viviamo da due mesi, non vogliamo insegnare niente a nessuno ma abbiamo già imparato sulla nostra pelle quanto la vita quassù non sia facile, anzi. Siamo rimasti al buio per decine di ore, non abbiamo ancora il telefono fisso, internet ci è stato fornito da una compagnia straniera perché nessuna azienda locale ci veniva incontro. Abbiamo spalato più di due metri di neve, riparato il nostro trattore, accettato di andare a ritirare i pacchi più a valle perché i corrieri spesso si rifiutano di salire fin quassù. Non vogliamo dipingere ciò che non è. Ma per adesso il paesaggio e lo stile di vita ci fanno superare ogni ostacolo. Un unico rammarico: aver la sensazione di essere completamente abbandonati dalle istituzioni sovralocali. Si parla spesso di ritorno dei giovani e di agevolazioni regionali, statali, europee. Nessuno però, finora, ci ha saputo indicare nulla. Noi siamo qui in attesa, convinti che questo angolo di Valle Pesio abbia davvero tanto da dare e da dire».

Quali, in effetti, i progetti per il futuro? «Riaprire la struttura ricettiva quanto prima, speriamo già in primavera in base anche all’evoluzione della pandemia. E poi calendarizzare eventi outdoor e culturali nell’ottica della sostenibilità e della qualità. Dalle esperienze all’estero abbiamo appreso molto, soprattutto sul turismo esperienziale e sulla comunicazione e cercheremo di applicarci al meglio. In queste settimane lo abbiamo già fatto attraverso i nostri canali social (che contano oggi più di 100.000 follower, ndr) e stiamo ricevendo attestati di stima e di ringraziamento da tante parti d’Italia e dall’estero. Addirittura una lettera commossa da una signora di Carqueiranne (FR), i cui nonni erano originari proprio di Tetto Caban, che farà di tutto per venirci a trovare nei prossimi mesi. Dalla purezza di questi incontri traiamo gli stimoli giusti per continuare a sognare». Quassù, in effetti, si lavora di scalpello, nella vita e nei rapporti. Via il superfluo, spazio all’essenziale. Nell’ultima luce del giorno che accarezza le rughe del Marguareis, allora, la sensazione che forse non tutto sia perduto.


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