
Numeri alla mano, l’hanno pagata carissima. Perché va bene le chiusure in zona rossa e va anche bene sentirsi dire che in zona arancione non c’erano certezze: ma che in zona gialla un outlet all’aperto sia considerato “a rischio”, e quindi vada chiuso nei weekend, proprio non gli va giù. Basta un calendario per fare il conto: dal 24 ottobre ci sono quasi 70 giorni, tra festivi e prefestivi, in cui i centri commerciali sono rimasti chiusi. Così martedì 11 maggio gli esercenti di Mondovicino hanno incrociato le braccia per alcuni minuti, senza urla ma con un cartello molto chiaro esposto in vetrina: «Chiudiamo perché vogliamo aprire».
«Le stime dicono che la categoria ha perso il 30-40% – afferma Maurizio Villa, direttore di Mondovicino Outlet –. Va così dal 24 ottobre. Tutti sanno che i fine-settimana sono i giorni in cui la vetrina di un centro commerciale lavora di più». Il 20 aprile, quando emersero le prime indiscrezioni sul “Decreto riaperture”, gli outlet avevano tirato un sospiro di sollievo. Perché su tutte le bozze c’era scritto che Draghi avrebbe finalmente consentito lo sblocco dei weekend a partire dal 15 maggio. Ma tre giorni dopo è arrivata la doccia fredda: nel testo finale, arrivato in Gazzetta Ufficiale, questo riferimento era sparito.
La categoria era insorta: «Scelta inaspettata e senza alcuna spiegazione – aveva detto Federdistribuzione –. I centri commerciali hanno preso tutte le misure per garantire la sicurezza contro il Covid, ma hanno bisogno di certezza sulla data di riapertura. Prendiamo atto che la riapertura dei centri commerciali durante il fine-settimana è stata cancellata, senza alcuna spiegazione. Non possiamo accettare che le aziende del commercio non abbiano una prospettiva certa sulla data di riapertura dei punti vendita, a differenza di tutti gli altri settori».
Martedì a Mondovicino, per le vie dell’outlet, i negozianti hanno chiuso la vetrina, sono usciti dal negozio e sono rimasti immobili per 10 minuti.
Sono per lo più commessi, non titolari, quindi non accettano di fare dichiarazioni. Ma tutti commentano allo stesso modo: «Non è giusto: siamo i più penalizzati». «Quello che non riusciamo a capire – continua Villa – è quale sia la ragione per cui noi saremmo un’area più a rischio di altre: qui abbiamo strade all’aperto e spazi adeguati. Ogni negozio può gestire ingressi e uscite con ordine e mantenendo le distanze. Rispettiamo tutte le norme». Un audio registrato mandava un messaggio molto chiaro dagli speaker: «Festivi e prefestivi sono i giorni più importanti in termini di ricavi, fondamentali per la ripresa economica del settore. Il tempo è scaduto: le misure vanno revocate. Fin dall’inizio dell’emergenza abbiamo adottato protocolli rigorosi e messo a disposizione strutture per hub vaccinali. Ora abbiamo il diritto di avere risposte certe».
L’iniziativa aveva l’appoggio da una vasta serie di sigle: ANCD-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, CNCC-Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione. «Ci sono 780 mila lavoratori su tutto il territorio nazionale che vivono da oltre un anno in un clima di forte incertezza, aggravato dalle stringenti misure con cui il Governo impedisce a migliaia di attività commerciali di lavorare nel week-end. Ora auspichiamo di poter avere dalle Istituzioni risposte certe e tempestive, per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa».