Amnesty International ha definito “La più grande sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale” il massacro avvenuto alla scuola Diaz di Genova la notte del 21 luglio 2001. Il film di Daniele Vicari è l’opera cinematografica più nota e di impatto riferita ai giorni del G8, e utilizza proprio questa frase nella didascalia della locandina, aggiungendo inoltre il sottotitolo “Don’t clean up this blood” (Non pulire questo sangue), parole scritte da qualcuno tempo dopo all’interno della scuola. Un sangue che sarebbe dovuto restare lì come forma di memento, di uno dei fatti più tremendi e controversi della storia recente del nostro Paese. Di certo nessuno si è dimenticato di quei giorni, nonostante l’anniversario ci segnali che sono trascorse 2 decadi, e che l’onda d’urto mediatica partita immediatamente, in seguito, si sia bruscamente arrestata l’indomani del 11 settembre. Non si è fermata l’inchiesta giudiziaria, e l’interesse cresciutogli attorno ha tenuto caldo l’argomento, alimentando la volontà di chi volesse esprimere un proprio parere, o narrare un punto di vista su quanto accaduto. La riunione dei capi di Governo e la città blindata, le manifestazioni pacifiche dei No Global e la guerriglia dei Black Bloc: il G8 di Genova è un pullulare di notizie, a cui si aggiungono i gravissimi fatti di cronaca. Numerosi cineasti si sono impegnati raccontarlo, basandosi su storie vere o utilizzando la collaudata forma del documentario: da ricordare “Carlo Giuliani, ragazzo” di Francesca Comencini. Diaz invece parte sì da elementi documentaristici, basandosi su storie e personaggi reali, ma la volontà del regista Vicari è quella di denunciare i gravi abusi avvenuti quella notte; attraverso un racconto corale, in un’opera di ricostruzione che si afferma attraverso l’esperienza e il trasporto della prova attoriale. Il film rimane impresso, per l’assoluta assenza di filtri nel mostrare la violenza, sia quella dei Black Bloc a inizio film, ma ancor di più quella avvenuta nelle aule e nei corridoi dell’istituto. Mostrare il pestaggio selvaggio da parte delle forze dell’ordine sui cittadini inermi, evidenziando la costruzione di un pretesto debole (il lancio di una bottiglia di vetro) può avere per alcuni il sapore della provocazione, ma per molti il racconto degli eventi di quella notte non poteva trascurare questi elementi.
Genova per noi, 20 anni dopo – INTERVISTA
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