INTERVISTA – Da Mondovì al confine della Bielorussia, per aiutare i profughi
Il racconto di Daniele, monregalese, reduce da una missione umanitaria: «Portiamo viveri e abiti per dare una mano a chi sta soffrendo»
C’è chi sente la chiamata per vocazione, chi ce l’ha da tutta la vita. A Daniele invece è venuta leggendo un appello sui social: l’urlo di Nawal Soufi, che alcuni media chiamano “l’angelo dei migranti”. Nawal è un’attivista indipendente che sta raccogliendo fondi per aiutare le migliaia e migliaia di persone che si trovano al confine tra Bielorussia e Polonia, chiedendo di poter entrare in Europa. Daniele M., monregalese d’adozione, dopo aver letto l’appello di Nawal sul web ha deciso di partire in prima persona. Per dieci giorni ha operato, come volontario, portando cibo e vestiti ai migranti. Lo abbiamo intervistato, al termine di un incontro dell’Associazione “MondoQui”.
LA SITUAZIONE
Bielorussia e Polonia: di cosa stiamo parlando?
L’emergenza umanitaria che si sta verificando al confine tra Bielorussia e Polonia non ha molto a che vedere con le emergenze migratorie di cui siamo abituati a parlare in Italia – ovvero, per capirci, quelle dei barconi che attraversano il Mediterraneo. La maggior parte dei profughi che oggi si trovano in Bielorussia sono di origine mediorientale, in gran parte provenienti dall’Iraq. Bielorussia e Polonia non sono esattamente una via “breve”, per i flussi migratori che provengono dal Medioriente: dunque, che sta succedendo? Da un paio di mesi la Bielorussia, governata dal dittatore Aleksander Lukashenko, ha semplificato enormemente le procedure di “visti turistici” verso la Polonia per chi proviene da alcuni Paesi (in particolare l’Iraq), appaltando la gestione alle agenzie di viaggio. A costi altissimi, ma molto più sicuri di quelli di una traversata in mare verso Lesbo o Lampedusa. Promettendo un facilissimo accesso in Europa attraverso il confine polacco. Questo è stato fatto allo scopo di creare una situazione di tensione verso la Polonia. Una situazione che padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli (fonte SIR), definisce «un utilizzo ulteriore, forse più raffinato, delle persone come scudi umani o strumenti per ottenere risultati e portare avanti interessi politici». Oggi al confine si trovano migliaia di profughi, sul lato bielorusso, e altrettante migliaia di soldati sul lato polacco che respingono gli immigrati con filo spinato, fumogeni, idranti. Ci sono già stati i primi morti fra i profughi, tra cui anche un bambino morto di freddo.
L'INTERVISTA
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