La traversata delle Alpi in sella ad una bici: impresa dei doglianesi Claudio e Beppe
1.750 chilometri in sella ad una vecchia bici da corsa, partendo dall’Adriatico ed arrivando fino al Cuneese, scollinando ben 26 passi alpini per un dislivello complessivo di addirittura 33 mila metri, in 17 giorni super impegnativi, più forti di tutto e di tutti, delle condizioni atmosferiche e della fatica. Sono questi i numeri impressionanti dell’impresa appena realizzata dai doglianesi Beppe Pira e Claudio Altare, entrambi classe 1955, che all’età di 67 anni sono partiti da Trieste, seguendo l’itinerario del libro “La traversata delle Alpi in bicicletta” di Alessandro De Bertolini e arrivando, domenica scorsa, a Bersezio. Beppe e Claudio, amici da una vita e grandi sportivi (già nel 2004 insieme avevano fatto il Cammino di Santiago in bici, ben 2.240 chilometri), hanno coperto una distanza “monstre” di oltre 100 chilometri al giorno, fermandosi via via a dormire ogni volta in un posto diverso: b&b, posti tappa, alberghi. Durante il loro viaggio hanno pedalato anche in Slovenia, Austria, Svizzera e Francia, per tornare poi in Italia, accolti da un gruppo di famigliari ed amici festanti. Una sfida memorabile, portata a termine con grinta, tenacia, determinazione e grande tenuta fisica e psicologica. «Dieci anni fa, la nostra amica Giusy ci aveva regalato il libro che ha poi ispirato la nostra impresa, per questo l’abbiamo voluto chiamare “Il viaggio di Giusy” – raccontano –. Abbiamo seguito il percorso del libro, apportando solo qualche piccola modifica, ma mantenendo i chilometri previsti e il dislivello. Siamo davvero soddisfatti e anche un po’ sorpresi, per come siamo riusciti a condurre in porto il viaggio: senza problemi fisici, senza “rotture” alle bici, senza neanche forare una gomma».
Dopo un inizio terribile, tutto è filato liscio
«L’avvio è stato traumatico – racconta Claudio –. Il primo giorno eravamo ancora in pianura e faceva caldissimo. Abbiamo pedalato a lungo sotto il sole, poi abbiamo affrontato il colle Predil: una salita corta, ma durissima. Abbiamo sofferto un “colpo di calore” che ci ha messo a dura prova e credevamo di dover subito abbandonare il viaggio. Arrivati in albergo poi invece pian piano ci siamo ripresi, abbiamo parlato con i gestori della struttura, anche loro cicloturisti, che ci hanno rincuorato. Di lì in poi abbiamo rialzato la testa ed è filato tutto liscio. Non abbiamo più patito il caldo, perché siamo sempre stati tra le montagne, sopra i mille metri».
Il passo più duro? «Lo Stelvio, ma che soddisfazione!»
Claudio e Beppe in questo 2022, da gennaio, tra strada e mountain bike, avevano già nelle gambe circa 6 mila chilometri percorsi, raggiungendo quindi una preparazione da professionisti: «Siamo arrivati in forma all’appuntamento, sapevamo cosa ci aspettava – spiegano –. Le giornate in bici iniziavano alle 7 e pedalavamo fino alle 14, poi ci si fermava anche per visitare i paesini che incontravamo. Il passo più alto? Lo Stelvio, Cima Coppi: senza dubbio anche il più duro e impegnativo, ma che soddisfazione una volta giunti lassù! Il Galibier e l’Izoard comunque non scherzano! Il più “brutto” è stato senza dubbio il Gran Sanbernardo, molto trafficato, pericoloso e con una salita di 42 chilometri, che non finisce mai».
Da buoni langaroli, per ogni tappa un buon bicchiere di vino locale
«Facevamo colazione, saltavamo pranzo perché eravamo in sella, poi ci concedevamo sempre una abbondante cena – continua Claudio –. Facevamo attenzione ad alternare carne, pasta, verdure, per una dieta varia e bilanciata. Da buoni langaroli però non abbiamo mai disdegnato una bella bottiglia di vino del posto in cui ci trovavamo o un bicchiere di birra fresca, una volta conclusa la tappa di giornata. Ovunque siamo stati accolti con gentilezza. Ci vedevano arrivare con le borse sulle bici e tutti si informavano sul nostro viaggio, sulle motivazioni. Ci davano la “spinta” e la carica per proseguire».
«I ghiacciai sono quasi scomparsi: ci stiamo distruggendo»
«Abbiamo visto paesaggi montani bellissimi e, allo stesso tempo, ci siamo resi conto di come i cambiamenti climatici stiano distruggendo il nostro bellissimo pianeta – concludono –. I ghiacciai che eravamo abituati a vedere, ora sono quasi scomparsi. Un giorno abbiamo pedalato per 30 chilometri a fianco di un torrente che sarebbe dovuto essere in secca, invece era in piena. Le acque però erano grigio-verdi: non era l’acqua normale di un temporale o di una giornata di pioggia, era purtroppo acqua di fusione, che arrivava dallo scioglimento di un ghiacciaio».