L’affronto dell’Europa alle nostre eccellenze: «Il vino nuoce alla salute»
Nelle scorse settimane l’Unione Europea ha dato il via libera alla richiesta dell’Irlanda di adottare sulle etichette di vino, birra e alcolici consumati nel proprio Paese avvisi del tipo “L’alcol provoca malattie del fegato” oppure “Alcol e tumori sono collegati in modo diretto”. Etichette con moniti precisi, come già accade per i pacchetti delle sigarette. L’ok è arrivato nonostante i pareri negativi espressi da Italia, Francia e Spagna – i principali produttori di vino in Europa – e di altri sei Stati dell’Ue, che considerano il provvedimento una barriera al mercato interno. Altre nazioni potrebbero però seguire l’iniziativa irlandese. Il sì definitivo alla misura dovrà comunque essere autorizzato, entro 60 giorni, dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. In Italia, da sempre attenta a curare la qualità delle produzioni e che ha nel settore vinicolo una delle sue eccellenze, il provvedimento ha suscitato forti reazioni contrarie del Governo italiano e delle Associazioni di categoria. Nella “Granda” operano oltre 6 mila aziende del comparto, che occupano più di 16 mila ettari vitati e con una produzione di 100 milioni di bottiglie all’anno: quasi totalmente marchiate Docg e Doc.
«Senza senso il paragone con l’abuso di super alcolici dei Paesi nordici»
Sulla spinosa questione, abbiamo contattato Anna Maria Abbona, produttrice vinicola storica, per tanti anni presidente della “Bottega del vino Dogliani Docg”, titolare dell’omonima azienda sulle colline di Farigliano e da sempre attenta alla valorizzazione del paesaggio e del turismo di casa nostra. «Trovo che questo sia un attacco deliberato al nostro Paese e alle tante eccellenze gastronomiche che produce, invidiate in tutto il mondo – ci ha detto –. I produttori si trovano già alle prese con una burocrazia spaventosa, in più quest’anno vengono aggiunte due specifiche in etichetta sostanzialmente inutili, ma che ci richiederanno ulteriore tempo ed energie. Sto parlando dell’etichetta ambientale, perché è diventato obbligatorio specificare le ovvietà, cioè che le bottiglie vanno smaltite tra i rifiuti di vetro. Va aggiunto poi anche l’elenco degli ingredienti. Già viene segnalata la presenza di solfiti: altri ingredienti, a parte l’uva, nei nostri vini non ce ne sono. Evidentemente in altre parti d’Europa utilizzano anche altri ingredienti; è chiaro quindi che ci stanno paragonando ad un prodotto del tutto diverso dal nostro. Non si può pensare di accostare lo spropositato abuso di super alcolici dei paesi nordici con la nostra realtà fatta di storia, tradizione, tipicità, sapori, cultura e molto altro. Provo una profonda tristezza, non lo nego. Ora l’Italia, tra i maggiori produttori al mondo di vino di alta qualità, è chiamata a farsi rispettare in ambito europeo».
Coldiretti: «A rischio una filiera che dà lavoro a 1,3 milioni di persone»
Anche per Coldiretti il via libera alle etichette allarmistiche è un attacco diretto all’Italia. «Si rischia di aprire le porte a una normativa che metterebbe a rischio una filiera italiana all’interno della quale lavorano 1,3 milioni di persone – spiega Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo –. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di alimentare paure ingiustificate nei consumatori criminalizzando ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate». Il consumo pro capite in Italia, spiega Coldiretti, si attesta sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri alla scoperta di cantine e aziende. Tuttavia, come emerso dal sondaggio online sul sito www.coldiretti.it, quasi un italiano su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette.