Abbiamo chiesto un intervento all’assessora su un punto cruciale del tema della parità di genere: è una questione “di posizioni”? O si può lavorare affinché diventi un principio “di tutti”?
«Le pari opportunità dei generi dovrebbero essere sempre considerate qualcosa di super partes. È ora di smentire categoricamente chi afferma che la femminista odia gli uomini e viceversa. La parità di genere è una questione di cultura e di rispetto. Di cultura perché mette in atto un cambiamento che germoglia dall’età scolare: è necessario spiegare ai bambini e alle bambine che rassettare, lavare, cucinare non sono cose da donne, ma da persone che vogliono prendersi cura di sé stesse ed essere autonome. È qualcosa che riguarda tutti. Non solo un genere o una parte politica o una generazione. Sì dovrebbe poter parlare di pari opportunità in maniera serena e dovrebbe essere un principio, estraneo alle posizioni di maggioranza o opposizione, un risultato a cui tutti vogliono tendere. In fondo è una questione di rispetto, prima di tutto di sé stessi e degli altri. E poi è una questione di libertà: gli uomini come le donne devono potersi mostrare deboli, sensibili, indifferenti, spaventati o determinati, e soprattutto nessuno dovrebbe limitare le proprie ambizioni per non intimorire l’altro sesso. La parità è un valore che non può appartenere a qualcuno e non a qualcun altro, è libera: ci permette di giudicare una persona da come pensa e agisce, senza considerare il suo genere.
Inoltre, auspico che per le nuove generazioni la parità di genere sia semplicemente… la normalità. E non, come è oggi, un tema che appare quasi nuovo, che fa parte di una narrazione pop o “mainstream”, vista come qualcosa di cui dibattere. Il passo sarà compiuto quando per le nuove generazioni tutte le questioni di genere non saranno più dibattute come “cose da raggiungere” ma saranno la normalità raggiunta. C’è un dato che fa riflettere, in merito alla parità di opportunità sul lavoro, e lo si vede in alcuni ambiti professionali: laddove le posizioni sono determinate da concorsi pubblici anonimi, le statistiche dicono che le donne stanno davanti agli uomini. Accade, per esempio, in magistratura. Laddove il discriminante non è il genere ma il risultato, la predominanza maschile di colpo sparisce».