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Bambino con una rara malattia agli occhi: «L’Europa non ci permette di comprare le lenti di cui ha bisogno»

bambino rara malattia occhi

Marco Turco

Benvenuto, paradosso. Siamo davanti a uno di quei maledetti casi da corto circuito normativo: quello in cui la girandola dei problemi si avvita, si avvita così tanto che non se ne esce più. È andata così per Anna, una madre di Mondovì, e per suo figlio, il piccolo Leonardo: «Un piccolo leone bendato», così lo ha ribattezzato lei quando ha deciso di parlare pubblicamente della sua patologia. Il piccolo Leonardo non ha neanche due anni e, da quando ha sei mesi, rimbalza come una pallina da flipper da un dottore all’altro. “Cataratta congenita monolaterale”, questa la diagnosi. Ha rischiato la cecità totale da un occhio, scongiurata. «Purtroppo, glie l’hanno diagnosticata tardi», ci dice Anna. Ed è così che lei e il bimbo si sono trovati scaraventati nello sfiancante e frustrante labirinto delle malattie rare: «Tre casi su diecimila – dice Anna –. Per giunta, essendo stata individuata solo quando aveva 6 mesi, il suo cervello si è abituato a lavorare con un occhio solo». Il piccolo, che ha già subito l’intervento per la rimozione del cristallino, deve ora portare una speciale lente a contatto pediatrica. Ce ne sarebbe già abbastanza, verrebbe da dire. Mancava solo il paradosso. E arriva anche quello: «Le lenti che mi sono state indicate dall’Ospedale, non possono essere vendute in Europa». Un paradosso. Ma anche un problema, da risolvere. Ecco perché Anna ha scelto di raccontare la sua storia ai giornali: per sperare che qualcuno possa attivarsi.

Il piccolo Leonardo è stato operato la prima volta all’età di 7 mesi. La madre, qualche settimana prima, aveva deciso di portarlo a una visita ortottica: «Mi ero insospettita – racconta – dal fatto che il lieve strabismo, che gli avevano diagnosticato, non passava coi primi mesi di crescita. E lì è arrivato il verdetto della cataratta congenita monolaterale. Non sapevo nemmeno cosa fosse, ho dovuto cercare su Google. Mi dissero: suo figlio non ci vede da un occhio, va operato urgentemente o a Firenze o a Genova. Ero scossa, spaventata, impaurita, tremante». L’operazione da fare è l’asportazione del cristallino opacizzato. La madre si mette in contatto anche con Associazioni e gruppi on line che si occupano di queste patologie e danno informazioni utili. A fine 2021 la diagnosi viene confermata al “Gaslini” di Genova e si decide per operare. Cosa che avviene poche settimane dopo, a Genova, quando ancora la norme sul Covid permettevano che potesse entrare solo un parente e il papà doveva stare fuori. Un’ora di gambe tremanti, ma l’operazione va bene: «Tornammo a casa con Leonardo con l’occhio gonfio e la sua prima lente a contatto “Silsoft”. E poi da qui cominciarono tutta una serie di visite di controllo a distanza di qualche settimana, poi di qualche mese, eccetera».
Fin dal primo giorno i medici dell’Oculistica del “Gaslini” erano stati chiari con la famiglia: il piccolo dovrà portare questo particolare tipo di lente a contatto nell’occhio colpito dalla patologia, con gradazioni prescritte dall’oculista, fino alla nuova operazione (sì: c’è anche una seconda operazione da fare) per il re-impianto del cristallino artificiale, che avverrà fra qualche anno. Il bimbo deve usare lenti a contatto, e non occhiali, perché la sua patologia riguarda un occhio solo. «Dall’Ospedale ci indicano le lenti pediatriche “Silsoft” prodotte dall’azienda americana “Baush+Lomb”: una soluzione ottimale per quest’età perché la lente dura tre mesi e si può tenere anche di notte, per vari giorni di fila. Solo che, quando è stato il momento di acquistarle, abbiamo scoperto che in Europa non viene commercializzata». Perché? «Perché in passato venivano vendute in una confezione di vetro, rimossa dal mercato. Ora sono vendute in normali blister di plastica o alluminio… ma la certificazione non ha il marchio “CE” e l’Europa potrebbe metterci anni per emetterla. Chi è affetto dalla cataratta congenita bilaterale può passare agli occhiali. Mio figlio, invece, no». Le lenti, però, sono a norma: il problema riguarda solo quel maledetto blister. Una confezione che, peraltro, negli USA è perfettamente legale: una nota ufficiale dell'azienda specifica che ha ottenuto il via libera alla vendita dalla FDA, la "Food and Drugs Administration" che si pronuncia su tutti i prodotti commerciali alimentari e farmacologici.

Non basta la benda che deve mettere ogni giorno per chiudere l’occhio sano e allenare il cervello a utilizzare quello malato, non basta la fatica, il collirio, la difficoltà di dover mettere e togliere una lente a un bimbo di un anno e mezzo. Il problema riguarda tante altre famiglie in Italia, che si parlano via Internet: c’è chi ha provato a comprarle direttamente dagli USA, chi dal Regno Unito, ma poi non possono comunque arrivare in Italia. «Per trovarne una della giusta gradazione, nei magazzini di qualche ottico, ho cercato fino a Bari. Mio figlio soffre di una patologia rara, e i casi come lui, di quest’età, sono pochissimi». Troppo pochi per aspettarsi che il mercato prema per ottenere questa certificazione: malattia rara, caso raro, soluzione rarissima (e molto costosa, ovviamente). Anna ha anche cercato il sostegno dell’eurodeputato Ignazio Corrao, che le ha risposto promettendole che cercherà di fare il possibile. Ma il problema resta. Così Anna ha deciso di raccontarlo: ha aperto i social, ha ideato la pagina “La volpe e il leone bendato”, e ha iniziato a tirare fuori. Una voce che andava raccolta. Ora rilanciamo il suo appello, sperando che qualche ingranaggio possa girare.


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