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lunedì 09 Dicembre 2024     Accedi

Deposito rifiuti, la Cantina Clavesana: «Si mette a rischio l’economia di un’intera comunità»

Tra i “no” al progetto Cement, anche quello della storica Cooperativa agricola. Il presidente Giovanni Bracco: «Quale futuro per le famiglie e i nostri giovani?»

Mattia Clerico

Si aggiunge al coro dei “no” la voce della Cantina Clavesana, per mezzo del suo presidente Giovanni Bracco, anche lui tra i componenti del direttivo del Comitato che contrasta il progetto presentato in Provincia dalla Cement Srl per la creazione di un deposito di rifiuti pericolosi nell'area artigianale del paese.

«Questo territorio deve scegliere da che parte stare, dove vuole andare, che futuro vuole per i suoi giovani. Noi abbiamo puntato tutto sul territorio, su queste colline, sulla terra – dice Bracco –. La Cantina Clavesana ha 200 associati che conferiscono 25 mila quintali di uve da venti Comuni: da Clavesana e Bastia, dal Doglianese a La Morra, Novello e Barolo. Oggi produciamo 2 milioni di bottiglie: Dogliani, Barbera, Nebbiolo, Alta Langa e abbiamo un’autorizzazione speciale per produrre anche Barolo. Nel nostro punto vendita, in Clavesana, arrivano oltre 20 mila persone l’anno: gente del posto, ma anche turisti. Alcuni arrivano apposta dalla Liguria, da Torino, da Milano. A volte vengono anche solo per un cartone di vino, perché vogliono avere un contatto diretto con noi, chiedere informazioni, conoscerci, scoprire il territorio. Abbiamo una grande responsabilità, in primo luogo nei confronti di 200 famiglie, ma anche per tutta la zona. La Cantina ha sempre svolto un ruolo sociale importante, oltre che economico. Nel 1994, il terribile anno dell’alluvione, che a Clavesana ha causato devastazione e cinque morti, la Cantina ha bloccato immediatamente i lavori di imbottigliamento e si è messa a totale disposizione. Abbiamo trasformato la nostra sala polifunzionale in una mensa. Per mesi abbiamo fornito pasti caldi a 800 persone: volontari che venivano spalare fango, ma anche gente del paese in difficoltà. Questo ruolo sociale non è mai venuto meno. Diamo sostegno ai giovani che scelgono di lavorare la terra, organizziamo eventi per tutta la comunità, abbiamo acquistato la scuola abbandonata della frazione Surie e accanto, abbiamo realizzato un vigneto sperimentale e didattico. Crediamo in questo territorio e lavoriamo ogni giorno per custodirlo, presidiarlo, sostenerlo. Ma allo stesso tempo viviamo grazie al territorio e alla sua integrità. Io prego le istituzioni di ascoltarci, di fermare un progetto che rischia di mettere in ginocchio l’economia di un’intera comunità, di tante famiglie. Dobbiamo scegliere, adesso. Abbiamo una grande responsabilità verso il futuro di questa zona, verso le generazioni più giovani. Non possiamo permetterci di essere miopi e commettere un errore così grave».


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