Risponde Marco Fea, Consorzio Servizi Socioassistenziali di Mondovì
La città si interroga sugli episodi “violenti”. Lei crede che questi siano segnali di un disagio, esistente, fra le fasce giovanili?
Potrebbero essere intesi come i segnali più evidenti di sacche di malessere, che esistono in queste generazioni. Ce ne sono altre, meno visibili, come l’ansia e la frustrazione: temi che su cui una quindicina di anni fa non esisteva alcun allarme e non ci si lavorava. Fermo restando che al Consorzio non compete alcun tipo di azione sulle tematiche della sicurezza, per cui esistono altri soggetti di competenza, è innegabile che talvolta siamo di fronte a manifestazioni di aggressività di livello piuttosto importante. È un fenomeno che esiste. Ma esiste ovunque, non solo a Mondovì.
Offrire alle nuove generazioni spazi, occasioni e modi per “sfogare” il proprio disagio, senza che sfoci in violenza, può essere una risposta?
Direi di sì. Effettivamente gli adolescenti evidenziano spesso il bisogno di incanalare in qualche modo la loro aggressività, la rabbia, ma anche l’espressione, la creatività. Dunque serve lavorare per farli sentire maggiormente protagonisti: generare un percorso che consente di cogliere queste energie, questa voglia di coinvolgimento e di protagonismo, e indirizzarli in occasioni in cui sentire valorizzate le loro competenze, le loro skill. Io comprendo che la cittadinanza abbia un legittimo bisogno di sicurezza. Ma ritengo che intervenire solo in questo senso non sia sufficiente: c’è bisogno di risposte integrate.
Quale soggetto, o quale o rete di soggetti, può intervenire?
L’espressione “rete” è proprio il concetto su cui stiamo lavorando. Si parla di un insieme di Enti: Comune, Consorzio, i Servizi sociali, gli educatori, il “Cantiere adolescenti”. Vanno coinvolte le Scuole. Vanno coinvolte le famiglie… anche se è molto, molto difficile: l’adolescenza è un’età in cui si genera una distanza, una rottura fra ragazzi e genitori. In questo senso, è più semplice intervenire sulle fasce di età più piccole.
In termini di “risposta” a questa esigenza, il contesto monregalese è migliore o peggiore rispetto al panorama circostante?
Ritengo che il fatto di avere una serie di soggetti che hanno ritenuto necessario fare rete, e aver iniziato a farla, non sia una cosa banale, né di poco conto.