Briaglia. Il Moscato, come si faceva una volta. La tradizione di Evasio Cuniberti
Non è solo una semplice produzione, dettata dalla passione, ma una vera e propria volontà di non dimenticare antiche modalità, precise procedure manuali e sentimenti legati alla tradizione della propria famiglia. Evasio Cuniberti, sindaco di Briaglia negli anni ‘90 per due mandati, continua con dedizione la produzione del vino Moscato. Vinificato manualmente, con un procedimento che era solito essere messo in pratica un tempo, quando ancora le produzioni erano artigianali e di dimensioni più ridotte, rapportate all’assenza di macchinari del periodo. Gli amanti del Moscato, soprattutto i briagliesi, conoscono bene “Il Moscato di Evasio”, e siccome la produzione non è commercializzata, ma solo “per regalarne qualche bottiglie agli amici”, in molti si sentono fortunati quando possono averne una o più bottiglie in regalo. Poche sono le damigiane che ogni anno vengono ricavate, circa 50, ma dipende dall’annata. «Io sono in pensione – spiega Cuniberti, 68 anni, ex amministratore, molto conosciuto e apprezzato – e mi dedico con grande passione a questa piccola produzione. Viene fatto tutto a mano seguendo il metodo antico della mia famiglia, dei miei avi. Le quantità risultanti non sono grandi sia perché oggi la mia vigna ha dimensioni ridotte rispetto al passato, sia perché il metodo di una volta richiede un lavoro duro, preciso, manuale; non è possibile pensare a quantitativi maggiori. La mia famiglia si è sempre occupata di vino e di Moscato. A Briaglia un tempo tutti producevano questo vitigno. Dopo la guerra, con il conseguente spopolamento dei nostri piccoli centri, le produzioni sono diminuite». La procedura di Evasio Cuniberti è minuziosa. «L’uva viene raccolta e messa in cassette di legno – racconta – dove sta almeno una settimana. A seguire c’è la pigiatura e poi direttamente tutto nel torchio. Il succo viene raccolto in recipienti di acciaio per mantenerne la freschezza. E qui che avviene il punto più importante: bisogna stare molto attenti a non fare partire la fermentazione. Si lascia quindi sedimentare in acciaio un giorno. Successivamente il tutto viene passato al filtro con sacchi in tela, per due volte. E prosegue ovviamente il controllo per non fare partire la fermentazione. Si continua per altri 5 o 6 filtraggi. E, arrivando a temperature più fredde del mese di novembre, la fermentazione a quel punto si ferma. A dicembre, il Moscato è stabilizzato per via delle temperature e a quel punto va nelle damigiane. Non dimentichiamo che l’imbottigliamento segue poi scrupolosamente l’andamento della luna». Una vera chicca quella di Evasio Cuniberti, che, come testimoniano coloro che hanno avuto la fortuna di assaggiarlo, si rivela “un Moscato speciale, dal sapore che evoca un tempo passato, intenso, tipico delle uve speciali del posto e della cura e dedizione conferite nella sua produzione”. Anche se si tratta di poche bottiglie, e non c’è vendita, ma solo passione personale, tutte hanno comunque una bella etichetta identificativa, realizzata personalmente dallo stesso Cuniberti. Che conclude: «Un vero peccato non poter riuscire a tramandare ai giovani queste antiche tecniche del Moscato».