Mondovì, contratti a termine da vent’anni: prof di religione va risarcita
Da vent’anni risulta precaria, ora il Tribunale di Cuneo ha condannato il Ministero dell’istruzione e del Merito al risarcimento di 18 mensilità per «abusiva reiterazione dei contratti a termine» a favore di un insegnante di religione cattolica di una Scuola superiore di Mondovì. L’istituto superiore in questione non è coinvolto nella vicenda in quanto, è bene specificarlo, il datore di lavoro è il Miur.
«Un’importante vittoria sull’abuso dei contratti a termine. Il giudice ha applicato la nuova normativa prevista dall’art. 36 comma 5 del decreto legislativo 165/2001», commenta in una nota la segreteria Snals di Cuneo, assistita dal legale Andrea Romano.
La vicenda riguarda il periodo compreso tra gli anni scolastici 2003/2004 fino al 2023/2024, in cui la docente ha sempre «stipulato con il Ministero dell’Istruzione una serie di contratti a tempo determinato per supplenze annuali conferite con scadenza al 31 agosto». Lo stesso Ministero, dopo il primo concorso del 2004, non ha più indetto nuove procedure di reclutamento.
Nella sentenza, pubblicata il 24 settembre, del Tribunale del lavoro ordinario di Cuneo il giudice, dott.ssa Paola Elefante, ha dato ragione alla ricorrente nella causa contro il Miur, per l’«illegittimità della reiterazione dei contratti di lavoro a termine stipulati per un periodo superiore ai 36 mesi». Nelle undici pagine del provvedimento, si citano le varie norme che definiscono l’insegnamento della materia, diversa dalle altre discipline in quanto lo studente può decidere se avvalersene o meno ad inizio anno. C’è quindi un grado di flessibilità che consente che una quota di professori di religione possa essere assunto con contratti a tempo determinato rinnovabili in automatico, ma l’indicazione è quella appunto del limite dei tre anni.
Nel calcolo del risarcimento il Tribunale tiene conto dei 21 anni in questione, sottraendo i tre previsti per legge e applicando quindi una mensilità all’anno per ciascuno. Sono quindi 18 mensilità (dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto) da 2.938 euro che il Ministero dovrà risarcire per un totale di circa 52 mila euro. La recente modifica dell’articolo 36 citato dal sindacato Snals rileva comunque come, essendo il datore di lavoro statale, il contratto non possa essere modificato da determinato a indeterminato.